La moda dei pantaloni per tutti è considerata la rivoluzione degli ultimi anni non dobbiamo dimenticarci dei secoli precedenti, e della lunghissima battaglia che la popolazione femminile ha combattuto per non essere relegata all’interno di quelli che venivano considerati gli unici abiti che una donna potesse indossare.
Negli anni ‘50 la Chiesa combatteva le donne che portavano le “braghe.
Con una sola eccezione: “Che la donna si dedichi agli sport dell’alpinismo e della neve non si può condannare ed è …sopportabile che durante l’esercizio di questi sport indossi i pantaloni”.
Il settimanale diocesano L’Amico del Popolo del 14 marzo 1953 manifestò grande preoccupazione per la supposta confusione tra i sessi che avrebbe creato una donna con tanto di braghe. Il foglio diocesano andò giù duro: “Non è affatto sopportabile imbattersi ad ogni passo nei nostri paesi in ragazze sfacciatelle le quali con la più grande disinvoltura ostentano i loro pantaloni. Lo spettacolo che danno è semplicemente indecoroso, antiestetico, immorale”.
A difesa delle sue tesi L’Amico citò un passo del Deuteronomio, l’opinione di un Padre della Chiesa (S. Ambrogio) e il pensiero di due autori pagani come Erodoto e Seneca. A suo dire le donne con i pantaloni avrebbero creato “disordine”; tuttavia, non potendosela prendere con un capo d’abbigliamento casto, che copre le gambe, il giornale prese di mira le donne sostenitrici delle braghe: “di solito in altri periodi di tempo sono quelle che vanno mezze nude (per amore della moda!), quelle che sopportano anche i dolori reumatici causati dal freddo (per amore della moda!) pur di non coprirsi, quelle che non porterebbero calze grosse che sfigurano le game (per amore della moda!)”.
Nel dopoguerra l’emancipazione femminile muoveva i primi passi, abbracciando nuovi stili e prodotti e optando per vari tipi d i pantaloni a vita alta: jeans con risvolto, pantaloni al polpaccio oppure a sigaretta.
Chi portava le braghe (gli uomini) di norma comandava e dunque una donna con “le braghesse” costituiva una potenziale minaccia ad equilibri consolidati.
Infatti, fino agli anni settanta una donna italiana era guardata con riprovazione, se non addirittura considerata immorale, quando indossava i pantaloni!
Ma in Italia si sa, la donna è sempre stata vista solamente come madre e moglie, eppure anche in ambienti come in Inghilterra e in Francia, stilisticamente parlando, l’uso dei calzoni da parte della popolazione femminile fu una vera e propria conquista avvenuta di recente
I più antichi antenati dei nostri pantaloni risalgono ad un’invenzione di quasi duemila anni fa dei nomadi delle steppe euroasiatiche, che, vivendo gran parte della loro vita a cavallo, sentirono la necessità di trovare un capo d’abbigliamento comodo e resistente. Inventarono così dei robusti gambali, indossati sia da uomini che da donne proprio per sopperire a questa esigenza.
L’invenzione prese piede a poco a poco tant’è che anche il popolo romano decise di adottarla escludendone però l’uso alle fanciulle e alle matrone.
Fu così che via via nel tempo, i calzoni maschili cambiarono forma, materiale e lunghezza ma rimasero del tutto inaccessibili alle donne, che rimasero inesorabilmente legate alla tradizione delle lunghe gonne.
Nota per essere l’eroina nazionale francese, non tutti sanno che Giovanna D’Arco fu una precorritrice dei tempi e, per tutta la sua vita, si ostinò a portare fieramente abiti da uomo. Il suo portare le braghe e l’armatura, nonché il mantenere i capelli molto corti, furono alcuni dei motivi per cui il suo celeberrimo processo finì con la pena di morte.
Usate come manifesto di indipendenza e rivendicazione dei pari diritti, le braghe vennero indossate dalle donne già dai primi anni dell’Ottocento come atto di denuncia e provocazione.
Fu così che negli anni, la società iniziò a tollerare finalmente che la donna utilizzasse abiti considerati maschili nel caso in cui svolgesse un lavoro manuale come ad esempio gli estenuanti lavori d’estrazione, mansioni dure (ma redditizie) impossibili da svolgere in gonnella.
Furono i primi movimenti per l’emancipazione della donna a sollevare il problema della scomodità dei costumi tradizionali femminili, ma solo con le guerre mondiali e il conseguente impoverimento della società e la rivoluzione nel ruolo della donna che si inizio ad accettare l’idea di pantaloni femminili.
Alla fine degli anni settanta, con il grandissimo successo dei jeans e il movimento hippie, i pantaloni diventarono un capo per entrambi i sessi accettato in tutt’Europa, persino nella più diffidente Italia.
I pantaloni da donna: breve storia di una lunga battaglia – Lo Sbuffo – Cerca (bing.com)
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Ma pensa che storie 😉 tutte le scuse son buone per creare diseguaglianze… brave le donne che con fierezza hanno distrutto gli schemi negativi per creare nuove possibilità di pensiero e di… vestire 💖👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻💖💕
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Grazie per questa ricerca storica, molto interessante. Ricordo che quando, negli anni ’70, sono arrivati i jeans e poi i pantaloni per tutte, alcune mie amiche poco più grandi di me non volevano indossarli
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nel 1968 fui la prima ragazza della mia scuola media di Milano a indossare i pantaloni, trovai la scusa che essendo inverno mi tenevano più caldo (erano di panno con fantasia inglese) e non essendoci regolamenti scritti che lo vietassero gli insegnanti dovettero abbozzare..poi piano piano altre si accodarono..
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