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* Messaggi da forze sconosciute?

4 agosto 2011

La teoria del Multiverso è una delle più famose teorie a livello di immaginario collettivo. Immaginate che il nostro Universo sia solo una piccola bolla che galleggia in un enorme mare di universi, ognuno contenuto e separato come una bolla di spaziotempo ad una più alta dimensione.

E’ un’idea piuttosto stupefacente.

Tuttavia, questa teoria è anche famosa per essere una delle più criticate della cosmologia. Perché? Beh, tanto per iniziare, l’idea è incredibilmente difficile, se non proprio impossibile da mettere alla prova sperimentalmente. O almeno lo è sempre stata.

Ora, un team di Ora, un team di scienziati canadesi e britannici pensano di aver trovato un nuovo modo per farlo.
I risultati di questo progetto non sono ancora abbastanza conclusivi da determinare se viviamo o meno in un multiverso; tuttavia, gli scienziati rimangono ottimisti riguardo al rigore del loro metodo.

 Agroglifo di 56450 m² composto da 409 cerchi nel grano.

I cerchi nel grano (in inglese crop circles), o agroglifi, sono aree di campi di cereali, o di coltivazioni simili, in cui le piante appaiono appiattite in modo uniforme, formando così varie figure geometriche (talvolta indicate come “pittogrammi”) ben visibili dall’alto. A seguito del numero crescente di apparizioni di queste figure (soprattutto in Inghilterra) a partire dalla fine degli anni settanta del XX secolo, il fenomeno dei crop circles è diventato oggetto d’indagine per determinare la genesi di queste figure.

7 agosto 2011

”La Fisica Dietro il Fenomeno dei Cerchi Nel Grano”
Nell’edizione di questo mese della pubblicazione scientifica Physics World, Richard Taylor, direttore del Istituto per la Scienza dei Materiali, dell’Università dell’Oregon, parla di un’analisi oggettiva ad uno dei argomenti più controversi dei ultimi decenni: i cerchi nel grano.

Non si parla di ipotesi aliene o simili, ma vengono esaminate alcune strategie per creare questi complessi pattern artistici.

Anche se nessuno sa esattamente quando è iniziato il fenomeno, i primi casi documentati provengono dagli anni ’70. Secondo Wikipedia, in 26 paesi, ci sono stati circa 10.000 cerchi nel grano, ma circa il 90% di questi si trovano nel sud dell’Inghilterra, per cui potremmo anche considerarlo un movimento artistico inglese.

Secondo Taylor, la risposta per i cerchi più complessi sta nella fisica, e probabilmente nell’uso del Global Positioning System (GPS), insieme a laser e microonde, oltre che i classici strumenti come funi, pezzi di legno o altri utensili tradizionali.
Le microonde, potrebbero essere usate per piegare in modo particolare le spighe, senza romperle, e questo potrebbe spiegare la velocità e l’efficienza di molti artisti, oltre all’incredibile dettaglio che è possibile realizzare. Ed in effetti, un team di ricercatori è riuscito a riprodurre un intricatissimo cerchio, usando soltanto un magnetometro, preso da un forno a microonde, ed una batteria da 12v. “Gli artisti che creano i cerchi nel grano non rilasceranno facilmente i loro segreti. Quest’estate, centinaia di artisti sconosciuti da tutto il mondo, faranno a gara e si avventureranno nei campi di tutto il mondo per dar vita a splendide creazioni, con la ferma convinzione che stanno continuando l’eredità di quello che è il movimento artistico più orientato verso la scienza di tutta la storia.” Con il passare degli anni, si è notata una complessità sempre maggiore nella creazione di questi cerchi, ed è cambiata anche la tecnica con cui vengono creati. Il tutto, quasi sempre, senza che i veri artisti abbiano mai ricevuto merito, dato che questa, più di ogni altra attività artistica recente, è un’attività intrisa di mistero e che fa leva sull’immaginario collettivo, tanto da essere diventata portatrice di segni di civiltà aliene.

Sorprendente, no?, la somiglianza tra queste due foto?

Certo gli scienziati che hanno costruito la simulazione del Multiverso non sono gli autori del cerchio nel grano …

Certo gli autori del cerchio nel grano non sono scienziati che cercano risposte nei fenomeni dell’Universo …

Certo da sempre la mente umana può elaborare teorie che ai contemporanei appaiono fantasiose ed inspiegabili…

Certo i messaggi che spingono l’umanità all’intuizione possono venire da altre forme di vita intelligenti nello spazio …

Non stiamo forse cercando di scoprire che non siamo soli?

” Quando la tua anima è pronta, lo sono anche le cose  ”

(William Shakespeare)

 

 

 

fonti:

http://earthsky.org/human-world/physics-could-explain-mysterious-crop-circle-art

http://www.link2universe.net/2011-08-04/i-primi-test-empirici-della-teoria-del-multiverso

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* Quando c’era vita su Marte ….


Marte appare come un disco rosso sul quale si distinguono regioni più chiare e più scure. Quarto pianeta in ordine di distanza del Sole, deriva il suo nome dal dio romano della guerra proprio per il suo colore rosso con cui risulta visibile in cielo.

Nell’agosto 1911 Lowell pubblicava la notizia di vita su Marte…

Già all’inizio del ‘600, usando osservazioni a occhio nudo del moto di Marte visto dalla Terra, Keplero rilevò che l’orbita del pianeta non era una circonferenza, come aveva pensato Copernico, ma una ellissi.
Poi arrivò il telescopio. Francesco Fontana, avvocato napoletano e astrofilo, nel 1636 fu il primo a vedere delle disuniformità sulla superficie di Marte: non più un disco omogeneo, ma con zone chiare e scure.

Nel 1877 l’astronomo americano Asaph Hall scopre l’esistenza delle due lune marziane (Phobos e Deimos) e Giovanni Schiaparelli, direttore dell’osservatorio milanese di Brera, inizia sul pianeta una serie di osservazioni che continuerà fino al 1890.
Le osservazioni di Schiaparelli, pubblicate in italiano negli Annali dell’Accademia dei Lincei, hanno eco mondiale. L’ottimo telescopio di Schiaparelli gli permette di vedere alcune strisce che sembrano collegare vaste macchie scure sul pianeta, attribuite a mari o distese d’acqua. Non c’è ancora la fotografia astronomica, e l’astronomo disegna a mano quello che vede, o che crede di vedere.

il pianeta Marte nella notte del 20 settembre 1909 ( disegno)

Un ricco americano, Percival Lowell, è un appassionato di astronomia.In particolare è interessato agli studi sul pianeta Marte. Viste le mappe marziane, nel 1896 fa costruire un osservatorio su una montagna dell’Arizona: il Lowell Observatory, che esiste ancor oggi.

Ma Lowell, folgorato dalle mappe di Schiaparelli, prese una terrificante cantonata di traduzione. Tradusse «canali» con «canals», parola simile ma di significato alquanto diverso. Mentre in italiano «canale» può essere artificiale (Villoresi) o naturale (Canale di Sicilia), in inglese non c’è dubbio: «canal» è solo artificiale.

Lowell, scrittore dotato di ottima fantasia, si convince così che quello che vede, o crede di vedere, sono canali scavati da una civiltà avanzata, al lavoro su Marte. I canali sono per loro essenziali: sono l’unico mezzo per trasportare l’acqua della fusione dei ghiacci polari fino alle zone equatoriali.
Anche Lowell fa mappe di Marte, addirittura costruisce un mappamondo marziano, con canali dritti, lunghissimi, che si incrociano in punti che sembrano città.
Manda la notizia al «New York Times», che la pubblica con grande risalto proprio cent’anni fa, il 27 agosto 1911. Nessuno allora dubitava della vita su Marte, tutti erano pronti ad accettare che non fossimo soli nel Sistema solare, anzi, si fanno complimenti ai nostri vicini planetari per le loro capacità ingegneristiche.

Sarà la fotografia astronomica a togliere poco dopo l’elemento di fantasia dai disegni degli astronomi. La sonda Mariner 4, nel 1965, nelle prime foto prese da vicino, non mostra canali, ma crateri, canyon e letti secchi di grandi fiumi.

L’acqua su Marte c’è stata, oggi ne siamo sicuri, ma se n’è andata, forse insieme con gran parte dell’atmosfera di un pianeta troppo piccolo per trattenerla. Attualmente, l’atmosfera di Marte è così sottile che l’acqua non può scorrere liquida in superficie: evaporerebbe istantaneamente.

( da un recente articolo del Prof. Giovanni Bignami, astronomo e astrofisico)

Un miliardo di anni fa Marte era un pianeta blu, ricchissimo di acqua. Probabilmente un grande oceano nell’emisfero Nord lo occupava per un terzo, la terraferma era piena di laghi e i fiumi erano almeno 40.000.

Il panorama di Marte e’ il risultato della prima ricerca che riunisce i dati osservati dal 2001 ad oggi dai satelliti di Nasa e Agenzia Spaziale Europea (Esa) in orbita attorno a Marte.

Sembra ormai molto probabile che in passato un oceano profondo circa 550 metri copriva il 36% del pianeta e conteneva circa 124 milioni chilometri cubi di acqua.

Non si può quindi escludere che un ambiente come questo possa avere ospitato forme di vita. Il ciclo dell’acqua su Marte era molto simile a quello della Terra, con piogge, acqua che scorreva sulla superficie, si accumulava in laghi e in un oceano, formava ghiacciai ed evaporava.

I mesa a forma di lacrima presenti nella Ares Vallis sono tra le strutture più famose su Marte, e secondo nuovi studi potrebbero indicare la passata presenza di un’oceano nella zona.

Jack Farmer, ricercatore dell’Arizona State University di Tempe ha detto di essere ”ottimista” sull’ipotesi che su Marte c’e’ stata o c’e’ vita.

Un altro scienziato Bill Schopf, ricercatore della University of California di Los Angeles ha aggiunti: ”Grazie alle sonde ed alle immagini orbitali e’ chiaro che ci sono letteralmente vaste aree di Marte tapezzate con vari tipi di solfati, tra cui il gesso”. A questo si deve aggiungere anche la presenza di metano rilevata su Marte.

Oggi sulla superfice di Marte c’è Curiosity…

 

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*Guardando il cielo stellato nelle notti di agosto, lontano dalle luci dell’abitato,udendo il canto dei grilli, e la brezza estiva sulla pelle calda, le stelle sembrano di più.*

Stelle, pianeti, asteroidi, costellazioni, si riconosce facilmente il grande carro e più in sù la stella polare…più giù…più su…qui brilla di più…là lampeggia…lì è rossa…là un pò viola…come un’orchestra il cielo vibra ed invita, anzi attrae a naufragare in quel mare blu scuro…***

*Come resistere all’immaginazione che porta alla velocità della luce su una stella, o un pianeta…magari su Marte…**

E chi può stabilire quale è il sogno e quale la realtà?*****

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fonti:

http://www.timestars.org/spazio/spazio_oceani_fiumi_su_marte.html

http//link2universe.it 

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non siamo soli…altrochè!

Questa sequenza mostra il piano della via Lattea e dintorni visto a differenti redshift, quindi varie distanze.

Credit: 2MASS/IPAC/Caltech

Non molti anni fa era un impresa riuscire a vedere in dettaglio regioni di altre galassie, chi l’avrebbe mai detto che sarebbe riusciti oggi a non solo guardare verso le profondità più grandi dell’universo, ma mapparlo in dettaglio? Tutto questo è oggi stato possibile grazie ad un indagine enorme per cui sono serviti ben 10 anni di impegno da astronomi di tutto il globo.

Quest’indagine è la 2MASS Redshift Survey (2MRS) e ha fornito la più completa mappa tridimensionale che taglia attraverso la polvere e ci mostra tutto il piano galattico fino a 380 milioni di anni luce di distanza comprendendo ben 500 milioni di stelle e riuscendo a individuare e mostrare ben 1.5 milioni di galassie.

Una cosa che rende questa ricerca impressionante è il fatto che è finalmente riuscita a mostrarci quello che fino ad ora è rimasto nascosto dietro il piano della nostra Via Lattea.

Dai tempi in cui gli astronomi hanno per la prima volta misurato il nostro movimento relativamente al resto dell’Universo, realizzando che non può essere spiegato dall’attrazione gravitazionale della materia visibile, riuscire a capire le meccaniche di questo universo è stato un continuo puzzle che aspetta solo il successivo pezzo da poter aggiungere al quadro finale.
Rimane comunque una formidabile barriera per via dell’enorme quantità di stelle che producono un “rumore” di fondo. Vicino al centro della galassia, questo rumore è estremamente alto e blocca il 100% della luce che passa da dietro di essa, mentre lontano dal centro galattico il rumore è minimo ed il velo della Via Lattea è penetrabile con una visione a infrarossi.

Ma forse la funzione più importante è riuscire a fornire per la prima volta, all’umanità una “grande foto panoramica” del contesto in cui ci troviamo, permettendoci di analizzare ed interpretare molti dati che riguardano gli ammassi galattici, la struttura su grande scala dell’Universo e la densità di materia presente in esso.” ha spiegato Thomas Jarrett, membro del team scientifico dietro il progetto. “Quindi la motivazione primaria di questo lavoro, con la costruzione di mappe “stradali” qualitative dell’universo locale, è di fornire una grande rete di informazioni per lo studio delle connessioni fisiche tra il nostro Universo Locale (la Via Lattea, il Gruppo locale, il Super-Ammasso Locale, il Grande Muro, etc) con il distante universo dove le galassie ed i filamenti si sono formati per la prima volta.

Il meglio deve ancora venire.”

altrochè!

leggi anche:

non siamo soli…anzi!

fonti:

http://link2universe.wordpress.com