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* Conosci la pasta e anche le lasagne ….di stelle!

Le stelle sono fatte di…pasta

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Uno studio condotto dall’Università di Alicante ha individuato quella che potrebbe essere considerata la prima evidenza osservativa dell’esistenza di una nuova fase della materia nella crosta interna delle stelle di neutroni.

L’ultimo numero della rivista Nature Physicsmostra i risultati di una ricerca che ha affrontato una delle incognite più misteriose nel campo della radiografia delle pulsar, ossia l’esistenza di un limite superiore ai 12 secondi nei periodi di rotazione delle stelle di neutroni isolate. Questo limite è, in realtà, la causa dell’esistenza di nuove fasi della materia.

Le pulsar sono stelle di neutroni, cioè stelle ultracompatte e fortemente magnetizzate in rotazione, che emettono radiazioni elettromagnetiche con sorprendente precisione nella loro periodicità.

Questa potrebbe essere la prima evidenza osservativa dell’esistenza della fase della ‘pasta nucleare‘ all’interno delle stelle di neutroni, la quale può permettere che le future missioni di osservazione ai raggi X possano essere utilizzate per definire gli aspetti del funzionamento dell’interazione nucleare, cosa che non è ancora del tutto chiara“, afferma José A. Pons dell’Università di Alicante, scienziato che ha guidato il lavoro.

La pasta nucleare, chiamata in questo modo per la sua somiglianza con la tipica pasta italiana, si forma quando la combinazione delle forze nucleari ed elettromagnetiche, a densità prossime a quelle dei nuclei atomici, favorisce l’ordinamento dei nucleoni (protoni e neutroni) in forme non sferiche, ossia forme simili a fogli o filamenti. Che gli scienziati hanno ironicamente assimilato, appunto, alle lasagne o agli spaghetti. Sarebbe questa pasta nucleare a limitare il periodo di rotazione della pulsar.

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Le pulsar, quando nascono, girano molto velocemente, più di 100 volte al secondo. Tuttavia, i forti campi magnetici le rallentano durante il corso della loro vita, aumentandone il periodo di rotazione. Nel frattempo, la crosta interna corrode il campo magnetico della stella e, quando questa diventa debole, è in grado di rallentare ulteriormente la rotazione della stella, fino a limitare il periodo di circa 10-12 secondi.

Le missioni spaziali degli ultimi dieci anni hanno identificato un numero crescente di pulsar, ma nessuna di esse ha un periodo di rotazione più lungo di 12 secondi. E, fino ad oggi, non si disponeva di alcuna spiegazione teorica di questo fenomeno.

“Siamo fatti della stessa materia delle stelle” Margherita Hack

…E la mangiamo pure!

http://www.nextme.it/scienza/universo/5931-pasta-nucleare-stelle-neutroni

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* le vagabonde blu

” Vagabonde blu “è il poetico nome che indica un tipo di stelle “sempre giovani ”
Diverse le ipotesi avanzate negli anni per chiarire l’origine di questi astri.
Situate all’interno di ammassi globulari o aperti, risultano più calde – da qui la colorazione blu – delle loro sorelle vicine, quando dovrebbero invece essere loro coetanee. Sfidando così le teorie standard dell’evoluzione astrale, secondo cui invecchiando le stelle evolvono prima in giganti rosse e poi in nane bianche, sempre più fredde e meno luminose.
Eppure loro, le “ blue straggler “, seguono tutt’altra strada: vecchie anche di 13 miliardi di anni, continuano ad apparire calde e brillanti come se fossero ancora bambine.
L’enigma di queste stelle e della loro origine ha affascinato astrofisici e scienziati sin dalla loro scoperta, negli anni ’50.
Proprio per cercare una risposta ai dubbi riguardanti le blue stragglers, Robert Mathieu e Aaron Geller, entrambi dell’Università del Wisconsin, hanno compiuto uno studio sul vecchio ammasso stellare NGC 188, un gruppo di stelle la cui età è stimata in circa 7 miliardi di anni posto a circa 5700 anni luce di distanza e osservabile nei pressi della stella Polare.
La conclusione della loro ricerca è che le blue straggler ringiovaniscono perché risucchiano la massa di un’altra stella cui si accompagnano, che le rafforza e permette loro di continuare a vivere più a lungo.
Le stelle analizzate dagli scienziati fanno parte di sistemi binari, in cui cioè due stelle sono “costrette” a ruotare l’una attorno all’altra a causa della mutua attrazione gravitazionale. In determinate condizioni una delle due stelle assorbe massa dall’altra diventando cosi una massiccia “blue straggler”: “ed è proprio la stella compagna che ci ha aiutato a determinare l’origine delle vagabonde blu”, ha spiegato Geller.

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La mia costante consapevolezza che lassù ci sono sempre stelle, pianeti, soli, galassie…che coesistono con noi esseri umani sulla terra, che è il nostro pianeta, nel mare di energia che gli astrofisici chiamano energia oscura, dato che di tutta la energia materia conosciamo solo il 4 o 5 %.
Il fatto di avere tanti compagni di viaggio che contribuiscono con la loro particolare e personale energia al cammino dell’essere umano verso la coscienza, dà il senso al mio concetto di esistenza oltre le coordinate di tempo e spazio che circoscrivono l’esperienza umana in una vita.
Seguo con molta passione l’evoluzione della conoscenza dell’universo, che è solo una piccolissima parte di tutto ciò che non conosciamo.
Come sopra così sotto viene usato troppo spesso, e spesso perde il suo significato, eppure dallo studio delle comete viene la conferma che siamo fatti della stessa materia delle stelle. E siamo quindi sottoposti alle stesse leggi. Il che mi rassicura visto che le stelle che ci interessano direttamente sono sempre lì.
Così certe notizie dallo spazio mi danno spunto per trarne analogie.
Nel grandissimo tempo le nane blu emergono dagli ammassi stellari cariche di energia brillante blu che è il risultato della esperienza di vita delle altre stelle. Continuano ad esistere per testimoniare la loro origine di stelle binarie. e noi le scopriamo dopo milioni di anni luce e ci raccontano dell’universo.
Nel grande tempo grandi uomini carichi di energia emergono dal susseguirsi delle civiltà che sono il risultato delle esperienze di vita di altri esseri umani. Continuano ad esistere nella Memoria del Mondo per testimoniare i valori raggiunti dall’umanità e ci raccontano dell’evoluzione e ne sono stimolo di generazione in generazione.
Nel piccolo tempo del qui e ora io sono il risultato delle mie esperienze. Le mie esperienze riguardano fatti, persone, ambiente, sono il mio universo conosciuto.
Se dalle mie esperienze traggo insegnamento arricchisco le mie capacità di costruire un futuro.Per me, per gli altri, per l’ambiente.
Se ho coscienza di me nel gruppo umanità posso determinare le mie esperienze esprimendo con il mio comportamento i valori propri di ogni essere umano.
Le nane blu prendono energia dal cosmo per esistere oltre il tempo e lo spazio.
I grandi uomini prendono energia dall’evoluzione dell’umanità per essere d’esempio oltre il tempo.
Io prendo energia dall’insegnamento delle mie esperienze per andare nel futuro.

 

Agisco nel mio piccolo intorno in sintonia con l’universo.

E se guardo il cielo lo vedo pulsare di bagliori blu…

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* Mi chiamano 2020 CD3 e sono una mini luna…non so se resterò …intanto io scintillo!

Lo scorso 15 febbraio i telescopi del progetto Catalina Sky Survey hanno intercettato una rarissima mini luna attorno alla Terra.

Chiamata 2020 CD3, si tratta di un oggetto dalle dimensioni di un’auto che orbita in compagnia del pianeta da circa 3 anni. La convivenza durerà molto poco, dato che sarà proiettata nello spazio entro aprile. Fino ad oggi era stata confermata la scoperta soltanto di un’altra mini luna.

La Terra ha una nuova compagna, una rarissima e spettacolare mini luna che gli scienziati hanno deciso di chiamare 2020 CD3. Si tratta di un piccolo asteroide dalle dimensioni di un’auto (è lungo al massimo 3,5 metri) che orbita attorno al nostro pianeta da circa tre anni, e che soltanto adesso, grazie a una buona dose di fortuna, è stato intercettato dagli astronomi.

A scoprire la mini luna sono stati i ricercatori del Catalina Sky Survey (CSS), un progetto di ricerca guidato dall’Università dell’Arizona e dal prestigioso Lunar and Planetary Laboratory. L’obiettivo è andare a “caccia” di piccoli oggetti celesti – come comete e asteroidi – che possono intersecare l’orbita del nostro pianeta. Il CSS si avvale di tre telescopi: uno di 1,5 metri sul Monte Lemmon; uno di circa 70 centimetri sul Monte Bigelow e uno di 50 centimetri in Australia.

La mini luna è stata osservata la prima volta nella notte di sabato 15 febbraio, quando gli astronomi Kacper Wierzchos e Teddy Pruyne si sono accorti di un oggetto con orbita peculiare di magnitudine 20.

Le mini lune della Terra sono oggetti estremamente rari ed effimeri; basti pensare che fino ad oggi soltanto una è stata confermata dagli scienziati, 2006 RH 120, che ha orbitato attorno al nostro pianeta tra il 2006 e il 2007.

Le mini lune, infatti, hanno un destino “segnato”. Sono oggetti che occasionalmente vengono catturati dalla gravità terrestre, e che per questo restano in compagnia della Terra per un certo periodo di tempo, prima di essere proiettati verso lo spazio profondo a tutta velocità, o magari finire di “incenerirsi” contro l’atmosfera del pianeta. Quando accade danno vita a spettacolari bolidi esplosivi (il principio è analogo a quello delle meteore, con la differenza che vengono coinvolti oggetti più grandi).

Attorno alla Terra è pieno di piccoli asteroidi, ma sono difficilissimi da intercettare proprio a causa delle loro dimensioni contenute. Soltanto una piccola parte di essi, in base a traiettoria e velocità, è destinato a trasformarsi in un mini lune della Terra. E una porzione ancora più piccola può essere scoperta, anche a causa della bassissima luminosità (legata alla luce riflessa dal Sole). Una simulazione condotta nel 2012 ha determinato che su 10 milioni di asteroidi attorno alla Terra soltanto 18mila possono diventare mini lune.

La nuova compagna della Terra come indicato orbita attorno al nostro pianeta da circa 3 anni. Ciò la rende una mini luna anomala, dato che si stimava che questi oggetti avessero una “sopravvivenza” inferiore. Purtroppo l’abbiamo intercettata troppo tardi e non ci sarà tempo per studiarla a dovere. In base ai calcoli, infatti, la mini luna verrà scagliata nello spazio ad aprile di quest’anno. C’è troppo poco tempo anche per mettere su carta una possibile missione di “esplorazione” e/o cattura. Le mini lune sono asteroidi che fanno molto gola alle agenzie spaziali, che potrebbero progettare missioni di studio a costi significativamente inferiori rispetto a quelle nel cuore del Sistema solare. Inoltre si potrebbe pensare a “catturare” questi asteroidi per analizzarli e ottenere materiali preziosi. Al momento, però, si tratta solo di suggestioni, tenendo presente che con la tecnologia attuale le mini lune vengono scoperte molto raramente e per puro caso.

Oltre al video catturato dagli astronomi del Catalina Sky Survey, lo scorso 24 febbraio è stata scattata anche una prima foto a colori dall’Osservatorio Gemini sito alle Hawaii, grazie alla fotocamera equipaggiata sul telescopio Gemini North da 8 metri.

Le mini lune hanno un destino segnato ?

E se fosse un messaggio di luce nel nostro ” buio “?

Nel Cosmo tutto è Luce e niente è per caso!

Fonte

https://scienze.fanpage.it/

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* Imbolc o Candelora… la luce e poi la rinascita di Primavera!

 

 

 

 

Imbolc :

la Luce che annuncia il nuovo che nasce, arricchito dai propositi della stagione passata.

                                                       Come sempre e per sempre .🌞

https://lauracarpi.wordpress.com/2019/01/30/imbolc-la-festa-della-luce/

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* Abitiamo nell’ Universo e Laniakea è la nostra casa

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La Via Lattea, il suo gruppo di galassie e altri 13 gruppi – miliardi e miliardi di stelle – formano Laniakea, l’Immenso Paradiso.

E precipitano verso il Grande Attrattore.

Ecco la nuova mappa dell’Universo.

Benvenuti a Laniakea, la nostra casa nel cosmo.

È una casa molto grande, con un diametro di 500 milioni di anni luce (circa), dove convivono migliaia e migliaia di galassie più o meno simili alla nostra.

La recente scoperta di questi inattesi confini è dell’Istituto di astrofisica dell’Università delle Hawaii, e va interpretata.

Tutti sappiamo che la Terra appartiene a un sistema solare e che quest’ultimo fa parte di una grande isola di stelle – circa 200 miliardi – che formano la nostra galassia, la Via Lattea. Da diversi anni gli astronomi sanno anche che la nostra galassia non viaggia sola nell’Universo, ma fa parte di una grande gruppo di galassie – un cluster – che tra loro estendono lunghi bracci di gas, polveri e materia oscura (materia di cui conosciamo l’esistenza, ma non la composizione).

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Ora si è scoperto che questo cluster fa parte di un ancor più vasto super-cluster a cui è stato dato il nome hawaiano di Laniakea, che in lingua locale significa immenso paradiso, suggerito da Nawa‘a Napoleon, un linguista dell’Università delle Hawaii, in onore ai navigatori polinesiani che grazie alla loro profonda conoscenza dei cieli riuscivano a orientarsi e a navigare nell’Oceano Pacifico.

La nostra casa, dunque, è assai più vasta di quel che si pensava fino a poco tempo fa e comprende centinaia di milioni di miliardi di stelle: se potessimo pesare questa incredile quantità di materia dovremmo mettere, sull’altro piatto della bilancia, cento milioni di miliardi di stelle come il nostro Sole.

«Anche se i risultati finali sono stati ottenuti solo nelle ultime settimane, il lavoro ha richiesto decine di anni e la collaborazione di centinaia di astronomi che hanno aggiunto tasselli importanti a questo quadro. Ora possiamo dire che abbiamo un grande schema della struttura dell’Universo in cui viviamo», ha detto Brent Tully, responsabile dello studio pubblicato su Nature.

 

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Secondo lo studio, all’interno di Laniakea vi sarebbero 13 cluster di galassie, compreso il Grande Attrattore. Quest’ultimo è un insieme di galassie che creano una forte anomalia gravitazionale che attira a sé la maggior parte delle galassie di Laniakea.

Ed è proprio studiando il moto di tutte le galassie che si è potuto capire che esse si muovono verso un punto preciso dell’Universo. Il lavoro è risultato ancor più complesso perché ogni galassia tende ad allontanarsi dalle altre (è l’effetto del Big Bang) e dunque si è dovuto scindere i movimenti di ogni singola isola di stelle.

 

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Questo è simile a scoprire per la prima volta che la tua città è in realtà parte del paese molto più grande che confina con altre nazioni.” -ha detto il ricercatore R. Brent Tully, un astronomo presso l’Università delle Hawaii a Manoa.

http://www.wired.it/scienza/spazio/2014/09/04/laniakea-superammasso-via-lattea/

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* Anche gli scarabei seguono le stelle

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Viaggiare di notte facendosi guidare dalla Luna e dalle stelle è sicuramente un’abilità tipica di essere umani (magari di altri tempi) e degli uccelli.

O almeno così si credeva finora.

Uno studio condotto presso l’ Università di Lund in Svezia, e pubblicato su Current Biology, dimostra però che spostarsi di notte seguendo le stelle è un’abilità anche di alcuni insetti, come gli scarabei stercorari. Quando trovano un ammasso di sterco (di cui si nutrono), infatti, questi coleotteri formano una pallina che poi fanno rotolare seguendo una linea retta e si orientano facendosi guidare dalla luce della Via Lattea.

Gli scarabei stercorari, detti anche scarabei rollers, devono il loro nome al fatto che depongono le uova in palline di escrementi che fanno rotolare in linea retta fino alla loro tana muovendosi lungo una direzione specifica, come ha spiegato Marie Dacke, responsabile dello studio. Questo compito presenta molte difficoltà per un animale così piccolo e poco intelligente. 

Non deve essere facile, infatti, spingere con le zampe posteriori una palla di sterco più grande di se stessi mentre la testa è rivolta verso il basso e riuscire a mantenere la direzione giusta evitando di tornare indietro (alla pila di sterco), dove si corre il rischio di essere attaccati e derubati dagli avversari.

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“Agli scarabei stercorari non importa quale direzione seguire; hanno solamente bisogno di allontanarsi dalla pila di sterco dove si svolge la lotta con gli avversari”, precisa al riguardo Marcus Byrne dell’ Università di Wits a Johannesburg, che ha preso parte allo studio. E muoversi in linea retta assicura all’insetto esattamente questo, evitandogli di tornare al punto di partenza.

Un primo indizio su come gli scarabei fossero in grado di orientarsi era venuto da alcuni studi precedenti che avevano dimostrato che questi insetti usano il Sole o la Luna come una sorta di bussola per muoversi verso la loro destinazione, e quando si perdono o trovano un ostacolo sul loro cammino salgono sulla palla di sterco e effettuano una specie di danza acrobatica che permette loro di riorientarsi, rilocalizzando la fonte di luce. Ciò che non era ancora chiaro era come riuscissero a trovare la strada di notte quando il cielo è nuvoloso e la Luna non è visibile.

Per rispondere a questa domanda, i ricercatori svedesi hanno studiato il comportamento di una specie di scarabei notturni africani, gli Scarabaeus satyrus, osservandoli sia nel loro ambiente naturale sia nel planetario dell’ Università di Wits, in diverse condizioni di luminosità del cielo. Gli animali con le loro palline di sterco venivano depositati su una piattaforma di legno circolare con un diametro di due metri e circondata da una parete nera, e filmati dall’alto mentre facevano rotolare le palline di escrementi verso il bordo fino a cadere dalla piattaforma stessa. Dalle registrazioni ottenute gli studiosi hanno calcolato la direzione e la velocità di movimento degli scarabei.

I risultati hanno dimostrato che questi insetti erano in grado di orientarsi e spostarsi in linea retta sia in presenza sia in assenza di Luna, a condizione che il cielo fosse stellato. Inoltre, il tempo impiegato per raggiungere il bordo della piattaforma quando sulla cupola del planetario erano proiettate tutte le oltre 4mila stelle visibili di notte, inclusa la Via Lattea, era simile a quello necessario quando si vedeva solo la Via Lattea (43 secondi nel primo caso e 53 nel secondo), mentre ci volevano ben 81 secondi se erano presenti soltanto le 18 stelle più luminose. Infine, in completa oscurità gli scarabei non riuscivano a orientarsi e si muovevano disordinatamente per oltre due minuti prima di raggiungere la loro destinazione.

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Secondo Dacke questi dati dimostrano che gli scarabei stercorari usano la Via Lattea come bussola per orientarsi quando non c’è Luna. Tuttavia, poiché i loro occhi sono troppo deboli per distinguere le singole stelle, anche se luminose, è più probabile che a guidarli sia il gradiente di luce formato dalla nostra galassia. “Per ora questi insetti sono gli unici animali conosciuti che usano la Via Lattea per orientarsi”, conclude l’autrice.
Sarà interessante capire se anche altre specie possano fare la stessa cosa.

Fonte: http://www.wired.it

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* 31 marzo 1851: Il pendolo di Foucault

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160 anni fa, il 31 marzo del 1851, nel Pantheon di Parigi (su richiesta di Napoleone III), Jean Bernard Leon Foucault metteva in azione il pendolo che porta tutt’oggi il suo nome, dando pubblica dimostrazione di una semplice prova della rotazione terrestre che avrebbe entusiasmato Galileo Galilei.

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Il pendolo era formato da una sfera rivestita di ottone libera di oscillare in tutte le direzioni grazie al perno girevole con cui era appesa alla sommità della cupola mediante un cavo lungo 67 metri.
Dopo un’ora, il piano dell’oscillazione si era spostato di 11°.

Alla latitudine di Parigi, l’intero giro viene compiuto in 32.7 ore.
Più ci si avvicina al polo, più si approssimano le 24 ore della rotazione della Terra. Il piano dell’oscillazione del pendolo ruota rispetto alla superficie terrestre perché tende a rimanere fermo rispetto alle stelle.
Il pendolo infatti oscilla sempre lungo la stessa direzione rispetto al sistema di riferimento inerziale dello spazio stellare in cui è immerso il Sistema solare.

 

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Era la prima dimostrazione diretta della rotazione della Terra intorno al proprio asse non basata sul movimento delle stelle nel cielo.
Foucault ci aveva lavorato per mesi, nella cantina della sua abitazione in rue Arras, e il mese prima all’Osservatorio di Parigi aveva stupito gli scienziati francesi con lo stesso esperimento, ma senza convincerli del tutto. Questa volta, invece, il successo fu indiscutibile. Napoleone rimase notevolmente impressionato e, nel 1855, divenuto imperatore, nominò Foucault assistente di fisica all’osservatorio imperiale.

Nel medesimo anno, come riconoscimento per la validità della sua dimostrazione e per l’invenzione del giroscopio, Jean ricevette la medaglia Copley dalla Royal Society di Londra.

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Grazie alla dimostrazione del 31 marzo il nome di Foucault è conosciuto in tutto il mondo.

Lo scienziato, però, andrebbe ricordato anche per aver fatto la prima fotografia al Sole, per aver stimato la velocità della luce, per aver osservato che questa viaggia più lentamente nell’acqua rispetto all’aria, per aver contribuito agli studi sull’ elettromagnetismo e aver scoperto le correnti che portano il suo nome.
Da allora era passato da un laboratorio di fisica all’altro, seguendo di volta in volta un interesse diverso.

Così i parrucconi dell’Académie des sciences gli negarono per quasi tutta la vita l’accesso alla prestigiosa istituzione. Fino al 1865.
Ironia della sorte, Foucault poté godere solo per poco di questo successo: l’anno seguente lo scienziato iniziò a mostrare i primi sintomi della terribile malattia – la sclerosi laterale amiotrofica –  che lo avrebbe portato alla morte nel 1868.

Fonte:
http://www.wired.it/scienza/2014/03/31/la-terra-gira/