Se pensate che questo strumento per il taglio degli alberi sia stato inventato da un robusto boscaiolo, ricredetevi: è opera di una giovane donna quacchera vissuta nell’Ottocento.
Era un membro della comunità Shaker di Harvard e inventò la sega circolare.
I taglialegna, gli artigiani e i falegnami di tutto il mondo devono ringraziare Tabitha per aver reso il loro lavoro più facile e meno pericoloso.
Tabitha Babbitt (1779-1853) era nata a Hardwick, in Massachusetts, da Seth e Elizabeth Babbitt, membri della comunità religiosa degli Shakers.
La giovane partecipava ai lavori della collettività e, durante il taglio degli alberi del bosco, aveva notato che le seghe utilizzate dai boscaioli non erano efficaci e avevano bisogno di miglioramenti.
In particolare, osservando il padre usare il difficile seghetto, aveva capito che metà del movimento era sprecato: al ritorno, infatti, non era produttivo e l’uomo buttava le sue energie per niente.
Gli propose quindi di creare una lama rotonda per aumentare l’efficienza. Insieme costruirono una sega composta di una lama circolare collegata a un ruota ad acqua che riduceva la fatica nel tagliare il legname.
L’invenzione fu molto apprezzata dai boscaioli, ma le usanze religiose della comunità impedirono alla giovane Tabitha di brevettarla.
La conseguenza fu che si attivarono numerose polemiche sul nome di chi l’avesse inventata e che ancora oggi viene attribuita ad altri.
Nell’estate del 1948 una versione della sega circolare costruita sul progetto di Tabitha venne esposta in una mostra degli Shaker, presa in prestito dal “New York State Museum”.
Inoltre, migliorò la testa dell’arcolaio con una doppia testa che permette di filare il doppio del filato in poco tempo. Contribuì ulteriormente all’invenzione del taglio di più chiodi da una lastra di ferro, invece di forgiare ogni singolo chiodo.
Presumibilmente ha anche inventato il taglia chiodi, e un taglia unghie! Infine, al momento della sua morte era in corso una sua invenzione dei denti falsi e della dentiera,
Per saperne di più: “Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie”, Ledizioni, Milano 2023
All’età di 17 anni, sono stata respinta dal college.
All’età di 25 anni, mia madre morì di malattia.
All’età di 26 anni, mi sono trasferita in Portogallo per insegnare inglese.
All’età di 27 anni, mi sono sposata.
Mio marito ha abusato di me. Nonostante questo, è nata mia figlia.
All’età di 28 anni, ho divorziato e mi è stata diagnosticata una grave depressione.
All’età di 29 anni, ero una madre single che viveva di welfare.
All’età di 30 anni, non volevo essere su questa terra.
Ma ho diretto tutta la mia passione nel fare l’unica cosa che potevo fare meglio di chiunque altro.
.E questo era scrivere.
All’età di 31 anni, ho finalmente pubblicato il mio primo libro.
All’età di 35 anni, avevo pubblicato 4 libri ed ero stata nominata autrice dell’anno.
All’età di 42 anni, ho venduto 11 milioni di copie del mio nuovo libro, il primo giorno di uscita.
Ricordate come consideravo il suicidio all’età di 30 anni?
Oggi, Harry Potter è un marchio globale che vale più di $ 15 miliardi di dollari.
Non rinunciare mai. Credi in te stesso. Sii appassionato. Lavora sodo. Non è mai troppo tardi.
Io sono J.K. Rowling
Ho letto tutti i libri di Harry Potter , coinvolta dal ritmo delle vicende e dal mondo fantastico nel quale si viene comunque trasportati come se ci sia veramente.
E mi ha colpito particolarmente come ogni libro trasmette i valori e le problematiche dell’età di Henry e dei suoi compagni di viaggio .
Sì, lo trovo un viaggio che dall’infanzia arriva all’adolescenza di ogni protagonista secondo il suo personale percorso.
Come insegnante penso che sarebbe un buon libro di lettura per ogni livello di classe e un “magico “strumento di lavoro interdisciplinare.
Avrei preferito che il finale fosse lasciato all’ interpretazione personale dei lettori !
Ritengo che la Magia sia una componente essenziale per vivere appieno la Vita!
ll Nuovo Testamento non afferma in modo chiaro che Gesù era sposato, ma nemmeno che non lo era.
Effettivamente il Vangelo contiene numerose specifiche allusioni al suo avvenuto matrimonio e d’altra parte le regole dinastiche lo imponevano. Non soltanto l’erede della stirpe dei Davide era obbligato per la legge a sposarsi ma doveva anche generare almeno due figli maschi.
Ciò rappresentava un passo fondamentale nel progresso dell’erede della dinastia dall’iniziazione alla piena appartenenza alla Comunità
Come abbiamo visto le regole del matrimonio dinastico erano molte e rigide.
Uno fra i libri più coloriti del Vecchio Testamento è il Cantico dei Cantici , una serie di rime di amore fra uno sposo regale e la sua sposa.
Il Cantico di Salomone identifica la simbolica pozione nuziale con l’unguento aromatico chiamato spigonardo, un unguento prezioso che veniva usato anche per ungere i corpi dei morti regali.
Lo stesso unguento costoso venne usato da Maria di Betania per ungere il capo di Gesù in casa di Lazzaro. e un altro episodio simile avvenne qualche tempo prima quando una donna unse i piedi di Gesù e poi li asciugò con i propri capelli. Anche quella donna si chiamava Maria.
Maria di Betania non soltanto unse il capo di Gesù in casa di Simone, ma gli unse anche i piedi e poi li asciugò con i suoi capelli nel marzo del 33 d.C. Due anni e mezzo prima , nel 30 d.C. aveva compiuto lo stesso rito di unzione tre mesi dopo le nozze di Cana.
Compiere il rito con lo spigonardo era uno specifico privilegio di una sposa messianica e avveniva unicamente durante le cerimonie del Primo e Secondo Matrimonio
Soltanto come moglie di Gesù a tutti gli effetti e come sacerdotessa Maria avrebbe potuto ungergli il capo e i piedi con il sacro unguento.
Esattamente come gli uomini che venivano designati ad occupare varie cariche prendendo i nomi dei loro antenati – come Isacco, Giacobbe e Giuseppe – così le donne venivano denominate secondo la loro genealogia e il loro rango: Rachele, Rebecca,Sara, e così via. Le mogli dei discendenti di Davide avevano il nome di Miriam (Maria)
Perciò la madre di Gesù si chiamava Maria e per lo stesso motivo la moglie di Gesù si chiamava Maria. All’epoca di Qunram, le Miriam, Marie, facevano parte di un ordine spirituale nella comunità ascetica dei Terapeuti.
Mentre i “Mosè” guidavano gli uomini nelle funzioni liturgiche, le “Miriam” guidavano le donne. Queste donne compivano il rito del Secondo Matrimonio soltanto quando erano in cinta di tre mesi. A quel punto la donna cessava di essere una almah e diventava una futura madre. Durante i lunghi periodi di separazione dettati dalle regole matrimoniali, la moglie diventava sorella, in senso religioso, e il compito era quello di accudire il padre,
La differenza tra le Marte e le Marie era che le prime avevano diritto di possedere dei beni le seconde no. Nella comunità le “sorelle” erano considerate “vedove”, un gradino sotto le almah. poi quando si sposavano salivano al rango “di madri”
Quindi chi era esattamente Maria di Betania, la donna che unse due volte Gesù con lo spigonardo secondo la tradizione messianica? Effettivamente non fu mai “Maria di Betania.” Nella Bibbia lei e Marta vengono indicate soltanto come sorelle di Lazzaro di Betania. Il nome completo di Maria era Sorella Miriam di Magdala, meglio nota come Maria Maddalena. I Vangeli ufficiali contengono pochi riferimenti alla stretta intimità tra Gesù e Maria Maddalena. Nel Vangelo di Filippo invece il rapporto tra loro viene discusso apertamente.
“..e la compagna del Salvatore è Maria Maddalena.
Ma Cristo l’amava più di tutti i suoi discepoli. e soleva baciarla spesso sulla bocca. Gli altri discepoli ne erano offesi ed esprimevano disapprovazione. Gli dicevano “ perchè la ami più di tutti noi?” Il Salvatore rispondeva loro: “ perchè non vi amo come lei? Grande è il mistero del matrimonio, giacchè senza di esso il mondo non sarebbe esistito. Ora l’esistenza del mondo dipende dall’uomo e l’esistenza dell’uomo dal matrimonio.”
Riguardo la cerimonia nuziale di Canaa questa non era il Matrimonio ma il sacro pasto che precedeva il fidanzamento.
L’usanza voleva che vi fosse un “padrone di casa” ufficiale che aveva la funzione di direttore di mensa. Dopo di lui venivano lo sposo e sua madre. Nessun invitato avrebbe potuto ordinare di mescere l’acqua che era diventata vino: quindi Gesù e lo sposo erano la stessa persona. Questo banchetto ebbe luogo tre mesi prima che Maria ungesse per la prima volta i piedi di Gesù. E secondo le regole soltanto come sposa di Gesù , Maria sarebbe autorizzata a compiere quell’atto Se lo avesse fatto prima come almah fidanzata , sarebbe stata classificata come una peccatrice e considerata una donna menomata.
Dalle ricerche storiche fatte sui rotoli del Mar Mortosi può dedurre che Maria sia nata nel 3 d.C. e quando sposò Gesù per la prima volta nel 30 d.C. ne aveva 27. Essendo rimasta in cinta nel dicembre del 32 d.C., Maria dette alla luce sua figlia Tamar nel 33 d.C., all’epoca del suo Secondo Matrimonio. Durante i primi anni 40 d.C. Pietro, era il braccio destro di Gesù e come tale sarebbe dovuto diventare il tutore di Maria Maddalena durante gli anni della sua separazione ( vedovanza simbolica) ma Pietro aveva una cattiva opinione delle donne e non era disposto a stare agli ordini di una sacerdotessa.
Anche Paolo, molti anni dopo, fu nettamente contrario al coinvolgimento delle donne nella divulgazione della religione. Così esclusero nettamente Maria dal nuovo movimento cristiano e per garantire il suo totale allontanamento, la dichiararono pubblicamente “eretica” in quanto amica di Elena-Salomè, consorte di Simone Zelota, il Mago, fondatore del movimento esoterico gnostico a Cipro.
A quel tempo Maria era a Marsiglia, dove la lingua ufficiale era il greco ed è per questo che il linguaggio di Gesù e degli apostoli e di tutto il giudaismo ellenico era fortemente influenzato dal greco. Secondo la tradizione gnostica Maria Maddalena veniva associata alla Saggezza (Sophia)rappresentata dal sole, la luna, e un’aureola di stelle. Si riteneva che la gnosi femminile di Sophia fosse lo Spirito Santo, rappresentato perciò sulla terra dalla Maddalena, che fuggì in esilio portando in seno il figlio di Gesù. Giovanni , nella Rivelazione, descrive Maria e suo figlio , della sua persecuzione, della sua fuga in esilio e della caccia al “resto del suo seme” da parte dei romani. Oltre a Maria tra gli emigrati in Gallia nel 44 d.C. c’erano Marta e la sorella Marcella, l’apostolo Filippo e sua moglie Maria Iacopa,e Maria Salomè. Sbarcarono in Provenza a Ratis, noto oggi come Les Saintes Maries de la Mer. Il culto più attivo della Maddalena si insediò a Rennes-le-Chateau, ma anche altrove sorsero molti santuari dedicati a Saint Marie de la Madeleine, fra cui il luogo della sua sepoltura a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume dove i monaci dell’ordine di San Cassiano vegliarono sul suo sepolcro e tomba di alabastro dall’inizio del ‘400.
continua a leggere….” L’immacolata concezione “
Oggi Maddalena torna a sottolineare il ruolo della donna come tramite tra terra e cielo, anima e materia, svelando il corpo e la sessualità come l’unico luogo in cui il trascendente diventa immanente.
Celebriamo la Grande Madre, riconosciamo Lei nella Terra che ci accoglie e nella Donna Risvegliata che dimora dentro di noi.
Celebriamo il nostro corpo sacro che nei cicli eterni di morte e rinascita porta trasformazione e crescita.
Leggi :
Il vangelo di Maria Maddalena – Kathleen McGowan – Edizioni PIEMME
Per superare il dolore di non avere figli, Saalumarada Thimmakka e il marito hanno deciso di iniziare a piantare degli alberi banyan nel loro piccolo villaggio indiano.
Oggi Saalumarada ha circa 111 anni ed è una delle ambientaliste più conosciute al mondo.
La sua età, in realtà, è solo ipotizzabile: la data di nascita di Saalumarada Thimmakka è imprecisata, ma possiamo collocarla tra il 1910 e il 1911. A conti fatti, quindi, ha almeno 111 anni, e oltre a essere una delle donne più longeve della storia, è anche uno degli esempi più singolari di ecologia.
Nel 2016 la BBC la elesse come una delle 100 donne più influenti dell’anno.
Il motivo risiede nella peculiarità della sua vita: mai diventata madre biologicamente, Saalumarada Thimmakka (che viene chiamata anche Aala Marada Thimmakka) ha dedicato la sua vita a piantare alberi banyani per superare il dolore dell’infertilità.
Si tratta di grandi piante dalle radici aeree, chiamate anche Ficus Bengalesi, che hanno la capacità di espandersi notevolmente nell’area in cui sono piantati (proprio grazie alle radici che si trasformano poi in tronchi).
Nel servizio a lei dedicato, i giornalisti e le giornaliste di BBC la definirono “La madre indiana degli alberi”.
“Ho deciso di immergermi fino in fondo in questo pianeta per superare il dolore di non avere mai avuto figli miei”, raccontava davanti alle telecamere.
Nata più di 110 anni fa nella regione meridionale del Karnataka, in India, Saalumarada Thimmakka si sposò a 20 anni con un uomo amorevole, con cui trascorse una vita felice. Quando, tuttavia, divenne chiaro il fatto che non riuscivano ad avere figli, le persone iniziarono a comportarsi sgarbatamente nei loro confronti, guidate dagli stereotipi passati e dalle regole non scritte riguardanti la famiglia.
“Si prendevano gioco di me alle mie spalle“, diceva, “e così andai al tempio a offrire le mie preghiere”.
In India l’albero di banyano è sacro e rappresenta la fertilità femminile.
Saalumarada Thimmakka decise quindi di piantarne uno, simbolicamente e per superare il dolore che lei e il marito provavano nei confronti della sterilità, e continuò a piantarne.
“Avevamo bisogno di riempire la nostra vita. E in questo modo, forse la società ci avrebbe restituito un po’ di rispetto. In qualche modo, questi alberi ci avrebbero benedetto”.
In poco tempo, la donna e il marito piantarono 384 banyani lungo una strada fangosa vicino al villaggio in cui vivevano.
In breve tempo, la strada si trasformò in un lungo e bellissimo viale alberato , e così presero la decisione di continuare a piantarne.
Negli anni, Saalumarada Thimmakka è così diventata una delle ambientaliste indiane più conosciute (e riconosciute anche dal Governo, che nel tempo le ha dedicato premi e riconoscimenti).
“In tutti questi anni gli alberi sono diventati enormi, e qualcuno di loro non ce l’ha fatta. Quelli che sono morti mi hanno lasciato un grande dolore ma tutti gli altri comunque mi hanno aiutato a vivere”
Donne che affrontano la realtà con ironia, che accendono i riflettori su tematiche essenziali o che distruggono i pregiudizi, con abilità: ecco 10 fumettiste e illustratrici che devi proprio cominciare a seguire
Il mondo dei fumetti e delle illustrazioni è stato, per lunghissimo tempo, dominato da uomini.
Le donne sembravano per lo più galleggiare in questo universo che identifica il nerd nel classico ragazzo emarginato.
Da qualche anno però le cose si stanno muovendo verso una nuova direzione.
Affilate le penne e caricate le tavolette grafiche, fumettiste e illustratrici da ogni parte del mondo hanno cominciato a farsi spazio, ad affermarsi e a cambiare la storia.
Il percorso che queste talentuose artiste stanno facendo le rende delle vere e proprie pioniere: forti, ribelli e schiette, si prendono il mondo e diventano modelli
d’ispirazione.
Alcuni nomi
Sarah Andersen e il suo Sarah’s Scribbles
Simona Zulian e la sua prorompente Felinia
Agathe Sorlet, il minimal che colpisce
Sted e Zerorisposte: la denuncia e l’impegno sociale
Red Dot e il racconto dell’inappropriato
Nova, umorismo caustico e cultura punk
Simone Grünewald, una vita tra colori tenui e delicati
Fumettibrutti: rabbia, ferocia e abbattimento dei tabù
Whatsupbeanie, che parla alla te più goffa
RobArt, il mondo interiore maneggiato con cura
“LE RAGAZZE NON SANNO DISEGNARE”, è la mostra realizzata con il supporto del Comune di Brescia all’interno degli eventi di Brescia e Bergamo Capitale Italiana della Cultura 2023 ed è inclusa nel calendario di eventi del Comicon Bergamo 2023, prima edizione del festival dei fumetti nel capoluogo lombardo.
“Le venti autrici selezionate per questa mostra sono una duplice fotografia del panorama attuale delle tante disegnatrici attive nel nostro Paese”, ha commentato il direttore artistico di Comicon Matteo Stefanelli. “Da un lato, ‘Le ragazze non sanno disegnare’ è un campione rappresentativo di una stagione creativa e professionale straordinariamente ricca per le fumettiste italiane;
Iris Biasio
Barbara Baldi, Iris Biasio, Lorena Canottiere, Sara Colaone, Alice Milani, Silvia Rocchi, Martina Sarritzu e Zuzu sono alcune delle venti artiste scelte dalle curatrici della mostra, Marta Comini, Maria La Duca e Melania Gazzotti.
Zuzu
Si tratta di autrici diverse per età e formazione, chiamate a raccontarsi e a raccontare l’universo delle donne secondo stili, tecniche e approcci narrativi differenti.
Alcune di loro lo fanno condividendo esperienze legate alla propria biografia, altre portando alla luce figure storiche celebri oppure poco conosciute, altre ancora creando personaggi di finzione, che con la loro voce fanno eco a tutte le sfaccettature di questo tema.
La finalità comune è quella di raccontare storie in grado di trasmettere un femminile non stereotipato e inclusivo, liberando allo stesso tempo la rappresentazione del corpo da modelli estetici imposti dalla società.
La nona arte, in questa ricognizione tutt’altro che esaustiva, si rivela quindi come un medium ideale per rappresentare in modo nuovo e aperto lo sguardo delle donne su se stesse e sulla complessità del mondo che le circonda.
20 fumettiste italiane in mostra a Brescia (artribune.com)
Fumettiste e illustratrici: 10 artiste da seguire – Donna Moderna
Il 28 giugno 1424 sulla Piazza del Campidoglio fu bruciata viva la fattucchiera Finnicella; partiva così proprio da Roma la caccia alle streghe che avrebbe insanguinato tutta l’Europa per finire anche nel Nuovo Mondo.
Fino ad allora la Chiesa non aveva una posizione codificata verso chi professava riti cosidetti magici, la vicenda di Finnicella segna il punto di svolta dell’atteggiamento della Chiesa verso quell’insieme di credenze, superstizioni e comportamenti che erano elencati come stregoneria.
Finnicella è un personaggio veramente esistito nella Roma del XV secolo.
Il suo nome è riportato dalle cronache capitoline, e si può definire la capostipite delle cosiddette streghe ( dal latino “strix” che significa uccello notturno)bruciate nel mondo colpevoli di aver esercitato arti diaboliche e quindi malefiche.
Le donne trucidate dall’inquisizione, il più delle volte, come nel caso di Finnicella, non avevano nulla a che fare con le accuse che erano mosse. loro. Spesso si trattava di povere donne di umili condizioni la cui colpa era soltanto quella di aver conservato e tramandato quelle tradizioni popolari, legate alla natura, che derivano da un paganesimo mai estirpato. Tra le categorie che hanno visto più vittime ci sono le erboriste e vedove.
Fu Innocenzo VIII, nel 1484, a dar via a questa crudele crociata con la sua bolla “Summis desiderantes affectibus“ (Desiderando con supremo ardore)mettendo in pratica quella che sarebbe diventata la “bibbia del terrore”, contro ogni forma di stregoneria, il Malleus Maleficarum, (Il Martello delle Streghe).
Il popolo di Roma mormorava dei misfatti che la donna avrebbe compiuto: trenta neonati uccisi per berne il sangue ancora caldo e il figlio stesso che Finnicella avrebbe ucciso per poi non si sa come arrivare a farne polvere da ingerire per oscuri e nefandi riti magici.
Questi racconti arrivarono a Bernardino da Siena: in quel periodo era a Roma dove, per incarico del Papa, teneva quotidianamente le sue prediche in piazza; bastarono le accuse della fattucchiera perché formulasse un’accusa formale di stregoneria.
Durante il sommario processo ci furono dottori che tentarono di difendere Finnicella sostenendo che i neonati non li uccideva ma li faceva nascere semplicemente perché era un’ostetrica.”( RomeandArt ).
“La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l’universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l’insegnamento calato dall’alto, in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede…“
«Se vuoi davvero fare qualcosa, c’è sempre tempo»,
racconta Nora Rónai, arzilla ultranovantenne brasiliana pluri-campionessa mondiale nei Masters di nuoto, autrice di un’autobiografia, di un libro di racconti per bambini e protagonista di un documentario. E se pensate che questi siano i successi raccolti da questa donna nel corso di una vita intera, vi sbagliate: Nora ha ottenuto tutto questo dopo aver compiuto i settant’anni, perché prima era stata architetto, insegnante all’università, moglie e madre.
«C’è sempre tempo»:
Nora Rónai è di origine italiana, perché è nata a Fiume, in Istria, nel 1924. Essendo anche di origine ebraica – il suo cognome da nubile era Tausz – da ragazzina subì le odiose leggi razziali, che, in quanto ebrea, le impedivano di andare a scuola o di praticare qualsiasi sport. Così nel 1941 la sua famiglia decise di emigrare in Brasile e di lasciarsi l’Italia e il Fascismo alle spalle. Migrante, sradicata, Nora era una studentessa appassionata e, nonostante la società maschilista in cui viveva non vedesse di buon occhio che una donna facesse carriera, riuscì comunque a laurearsi, a costruirsi una professionalità e addirittura in seguito a insegnare all’università.
Tutto questo sarebbe già molto, rappresenterebbe già una storia edificante degna di ricordo. Ma a Nora aver ottenuto questo non basta: perché per tutta la vita ha amato nuotare – amato tanto al punto di non saper neppure ricordare di aver mai imparato a farlo – e ancora non ha avuto occasione di dimostrarsi le proprie capacità in questo campo.
Così, sostenuta dalle figlie, a sessantanove anni comincia ad allenarsi professionalmente e arriva a conquistare sette medaglie d’oro nei Masters di nuoto del 2014, battendo due record mondiali.
A novant’anni suonati.
«Nuotare per me è come arrivare in una bellissima spiaggia soleggiata dove posso rilassarmi. La piscina riesce a darmi sollievo, non un sollievo fisico, bensì emotivo. Mi ha aiutata a superare moltissime situazioni difficili».
Il suo spirito combattivo e la sua vitale dolcezza ha convito la BBC, che l’ha definita l’Angelo campione di nuoto del Brasile, a inserire il suo nome nella lista delle “Cento donne da cui trarre ispirazione” nel 2017. E nel frattempo i registi Gabriel Mendes e Fernando Muñoz hanno realizzato un documentario che racconta le sue incredibili imprese sportive.
Proprio la consapevolezza delle difficoltà superate nel corso della giovinezza, e dei traguardi raggiunti in età avanzata, ha portato Nora a pubblicare la propria autobiografia nel 2014. Il libro si intitola Memoria De Um Lugar Chamado Onde (in italiano: Memoria di un luogo chiamato onde) e vi racconta la propria storia, da migrante perseguitata dalle leggi razziali in Italia a campionessa mondiale di nuoto in Brasile.
Nora Rónai, campionessa ultranovantenne per cui «c’è sempre tempo» (tuobiografo.it) )
Una donna che ha lottato da sempre per i suoi sogni, nonostante le difficoltà.
Gigliola Staffilani ci ha creduto fino in fondo, si è fatta strada in un settore caratterizzato da una forte prevalenza maschile e si è distinta in una carriera accademica ineccepibile.
E quest’anno, già docente di matematica al #MIT (Massachusetts Institute of Technology), è stata eletta membro dell’Accademia Nazionale Americana delle Scienze (National Academy of Sciences), uno dei più alti e prestigiosi riconoscimenti che possano essere attribuiti ad uno scienziato negli USA e nel mondo.
Gigliola tutte le estati torna al paese in cui è nata nel 1966. Siamo in Abruzzo, a Villa Rosa di Martinsicuro (TE): Gigliola cresce in campagna e parla solo in dialetto nella sua infanzia.
A 10 anni perde il padre e si butta nella matematica per imparare a dividere il dolore. Ha un talento naturale ma c’è bisogno di qualche soldo e sua madre vorrebbe farla lavorare, più che studiare.
“Adoravo il fatto che la matematica fosse completamente logica, non c’era nessuna sorpresa. Mi piaceva il fatto di avere il controllo e che una prova non era soggettiva o emotiva. Avevo già abbastanza emozioni negative intorno a me e avevo solo bisogno di un mondo dove nessuna emozione prendesse il sopravvento su tutto“
Ma Gigliola non molla, riesce ad iscriversi al liceo scientifico di San Benedetto del Tronto dove incontra il professore Mario Illuminati che crede profondamente nelle sue capacità e le suggerisce di provare a vincere una borsa di studio per l’università.
Così si trasferisce a Bologna e poi decide di proseguire il percorso accademico all’Università di Chicago,
Nel 1989 si laurea. Nel 1991 consegue un master, e nel 1995 un dottorato di ricerca.
Subito dopo ricopre prima il ruolo di assistente alla Stanford University e poi, nel 2006, docente di matematica pura al Department of Mathematics del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston.
Gigliola è stata la seconda donna della storia ad avere una cattedra “full” al MIT di Boston (Matematica Pura), prima italiana di sempre.
Viene considerata una delle scienziate migliori al mondo in svariati campi
Gigliola ha ancora un legame molto forte con l’Italia (e la nostra cucina) e appena può torna nella sua città natale, dove vivono i suoi parenti.
N.B. Non possiede alcun profilo social.
Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società.
Dal 2019 ha preso la decisione di non indossare più il velo.
Asma Lamrabet si può considerare la più eminente rappresentante del femminismo arabo analizzato e praticato attraverso lo studio dell’Islam.
È una delle più grandi islamologhe che parla dall’interno dell’Islam.
La sintesi del pensiero di Asma si basa sulla visione del Corano come messaggio di uguaglianza.[
La ricerca che porta avanti con rigore e impegno è basata sulla rilettura ericostruzione dei testi sacri per dimostrare la fallacia delleinterpretazioni discriminanti verso le donne.
Avendo accuratamente studiato tutti i versi relativi all’abbigliamento femminile in relazione alla situazione reale quando apparve e al significato circonciso delle parole all’epoca (khoumurihina, djilbabihina, poggiati sul petto ecc. ), Asma conclude che l’attuale hijjab diffuso non è affatto giustificato dal Corano.
Sul suo sito ASMA-LAMRABET.COM scrive:
… Quindi il Corano non legifera in nulla sulla necessità di una “uniforme” religiosa per essere strettamente “islamica”, come ci piace dimostrare oggi; l’intenzione spirituale primaria non era quella di determinare standard di abiti rigidi o congelati che sarebbero stati “fissi” una volta per tutte, ma piuttosto “raccomanda” un “atteggiamento”, o meglio un “etica” relativo sia al corpo che alla mente…
… nel Corano non c’è mai una domanda su alcun obbligo formale sull’abito; imporre standard di abbigliamento standardizzati è contro i principi del messaggio universale e della sua etica spirituale..
… Il Corano invita uomini e donne ad adottare una cultura di decenza e rispetto reciproco: “Infatti, il miglior vestito è quello del taqwa; questo è uno dei segni di Dio… “.
… è questa etica di integrità, rigore morale e decenza che è preferibile agli occhi del Creatore…
Nata a Rabat, Marocco, nel 1961, laureata in medicina, ha lavorato dal 1995 al 2003 come volontaria in alcuni ospedali pubblici di Spagna e America Latina, principalmente Cile e Messico, dove aveva seguito il marito diplomatico.
Il suo primo approccio alla pratica femminista è stato quello di stampo occidentale, per poi, naturalmente, intraprendere la strada per l’affermazione di un femminismo musulmano autoctono.
Nel 2004 è tornata in Marocco, dove ha organizzato un gruppo di donne musulmane interessate alla ricerca e alla riflessione sull’Islam e al dialogo interculturale. Nel 2008 è diventata presidente e coordinatrice del Gruppo Internazionale di Ricerca sulla Donna Musulmana e il Dialogo Interculturale (GIERFI), con sede a Barcellona che ha l’obiettivo di contribuire a creare una nuova coscienza femminista musulmana.
Parallelamente al suo attivismo, ha continuato la carriera in medicina e si è specializzata in malattie del sangue presso l’ospedale pediatrico di Rabat, dove lavora.
Nel 2011 è diventata direttrice del Centro di Studi Femminili sull’Islam da cui è stata costretta poi a dimettersi, in seguito alle polemiche e reazioni degli ultraconservatori dovute dalla sua posizione di lotta contro la disuguaglianza tra uomini e donne di fronte all’eredità.
Nel 2013 ,riconosciuta a livello internazionale e premiata con l’importante riconoscimento Prix de la Femme arabe de Sociologie
Asma Lamrabet è autrice di diversi libri in francese poi tradotti in molte lingue. Ha pubblicato articoli che approfondiscono questioni controverse come i matrimoni interreligiosi, l’eredità e la riforma religiosa.
“Non è necessario avere una religione per avere una morale, perché se non si riesce a distinguere il bene dal male quella che manca è la sensibilità, non la religione. “Margherita Hack