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* La buona notizia del venerdì: Una “triste storia” che triste non è… anzi!

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Questa “triste storia” è la storia di Andy Foster, ragazzo autistico di Manchester.

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Da tre settimane lavora in un ristorante della città (“Grenache”) e, a volte, troppo spesso, è vittima di alcuni comportamenti assurdi e stupidi di alcuni clienti del locale. Lavora con impegno e professionalità, porta i piatti, pulisce i tavoli. Fa quello che fanno tutti i camerieri.
Mike, il proprietario del ristorante, spiega che a volte “I clienti sembrano avere un problema con lui anche se il servizio è buono”. Altri non vogliono proprio farsi servire da Andy o addirittura chiedono “Perché lo fate lavorare?” .

Il comportamento di questi clienti ha ferito molto profondamente Andy; Mike e la moglie hanno cercato di fargli capire che non era colpa sua.

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Così un giorno il proprietario ha deciso di scrivere su Facebook un post in cui invitava tutti i clienti che non volevano farsi servire da Andy di non prenotare nel suo locale.
Nel post scrive:

“Nel nostro ristorante assumiamo persone in base all’esperienza, alla conoscenza e alla passione che hanno per il lavoro. Non assumiamo in base al colore della loro pelle o in base al loro aspetto fisico. Non ci importa se hanno tatuaggi, non ci interessa la taglia che portano, la loro religione o le loro infermità. Se a te importa, allora per favore non prenotare un tavolo al nostro ristorante. Non meriti il nostro tempo, il nostro sforzo o rispetto!”.

Parole forti, ma giuste.

E Mike aggiunge: “Tutto quello che ci interessa è avere qualcuno con entusiasmo e passione, il resto possiamo insegnarlo”.

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La storia di Andy è una storia  intrisa di stereotipi e pregiudizi.

Questa storia ci dà inoltre una grande lezione di dignità e ci ricorda che abbiamo bisogno di più inclusione e meno discriminazione.

Senza alcun dubbio.

Secondo me non è una “storia triste”…

Sono tristi le persone con i pregiudizi!

Questa storia parla di sensibilità (Mike e la moglie), perseveranza, impegno e riscatto (Andy) e speranza che le cose possano cambiare!

Alla fine posso provare solo pena per quei poveracci che hanno da ridire su Andy…

Chi vede tutti gli esseri nel suo stesso Sé,

ed il suo Sé in tutti gli esseri,

perde ogni paura.

(Isa Upanishad)

https://ilbuongiorno.it/…/8059-non-vogliono-farsi-servire-d…

http://www.manchestereveningnews.co.uk/news/greater-manchester-news/autistic-waiter-restaurant-seven-reasons-10999287

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* Natura morta con cachi di stagione

Mia nonna era una pittrice.

Dipingeva grandi arazzi con temi bucolici e sofisticate miniature su pergamena.

Mi è cara una piccola natura morta ad olio con frutta di un acceso e vibrante arancione.

Ho sempre pensato che fossero arance…

Ma, smontando la cornice per rinnovarla, in un angolo nascosto ho trovato il titolo:

” natura morta con cachi di stagione”

 

Il cachi è noto in botanica con il nome Diospyros kaki: deriva dal greco ed è costituito da due parole “Diòs” (riferito al dio Giove) e “pyròs” (frumento). Quindi, il cachi viene definito il frumento di Giove, “cibo degli dei”, per merito del suo sapore dolcissimo e unico ed originale.“kaki” fa riferimento, invece, al colore aranciato del frutto.

Il Diospyros kaki è un albero molto comune in Cina e Giappone dove è coltivato fin dalla antichità, con il nome “ Mela d’Oriente” e Loto del Giappone”. Sarà solo nel 1796 che il direttore, inglese, del Giardino Botanico di Calcutta ne porterà alcuni esemplari in Inghilterra.
Si ha notizia che un cachi fu piantato, nel 1870, nel Giardino Botanico di Boboli a Firenze. Qualche anno più tardi (1879) ne furono piantati diversi nell’Orto Botanico di Villa Giulia a Palermo, dove ancora oggi sopravvivono.

Il nome cachi (kaki) è l’equivalente del suono in lingua giapponese con il quale si designa l’albero ed il frutto; con tale nome pervenne in Inghilterra e così si diffuse.

Nel linguaggio dei fiori quello del cachi simboleggia l’eloquenza.

Un particolare significato è stato attribuito alla pianta di cachi recentemente: al bombardamento atomico di Nagasaki il 9 agosto 1945 è miracolosamente sopravvissuto una piccolo alberello di cachi. Nel 1994 uno fitopatologo giapponese è riuscito a far nascere da quell’alberello alcune piante di seconda generazione ed il Museo del bombardamento atomico ha cominciato a distribuirle ai bambini in visita come segno di pace, di speranza e di rinascita.

Nel 1995 durante la preparazione di una mostra a Nagasaki l’artista Miyajima Tatsuo venne a conoscenza dell’ albero di kaki sopravvissuto al bombardamento atomico e del fatto che il biologo Ebinuma Masayuki che se ne prendeva cura era riuscito a far crescere dai semi di quell’albero delle nuove piantine che Ebinuma donava ai bambini in visita a Nagasaki come simbolo di pace.  

Miyajima e Ebinuma hanno creato insieme un progetto per piantare in giro per il mondo nuove piantine di kaki ricavate da quell’unico esemplare sopravvissuto alla catastrofe.

Ecco il loro progetto: Revive Time Kaki Tree Project

Nel periodo invernale sulle bancarelle dei mercati giapponesi fanno la loro comparsa gli hoshi-gaki, i cachi secchi. Ne esistono di varie qualità, i più ricercati sono prodotti artigianalmente e addirittura “massaggiati” a mano prima di essere compressi tra tavolette di legno.

Il frutto del cachi ha profondi significati simbolici in Giappone, tanto è vero che è protagonista delle offerte religiose legate alla celebrazione del Capodanno: in ogni casa viene predisposto un piccolo altare su cui si impilano cibi rituali come tortini di riso, arance amare, alghe kombu e cachi secchi.

Haiku:

Te ni nosete

kaki no sugata

no horebore akaku.

Sul palmo della mano

rosseggia, rutilante nella sua pienezza,

un cachi.

Santōka

(1882-1940)

( L’ haiku (俳句) è un componimento poetico nato in Giappone composto da tre versi per complessive diciassette sillabe)

Fonti:

http://www.rossellamarangoni.it

http://tusciaintavola.tusciamedia.com

 

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* La buona notizia del venerdì: Le nonne sono indispensabili anche nel regno animale

Le nonne orca vivono a lungo per proteggere e accudire i loro nipoti. 

 

Uno studio ha scoperto che le orche femmina non più fertili giocano un ruolo importante e benefico sulle possibilità di sopravvivenza dei loro nipoti.

Queste femmine anziane, senza figli piccoli propri, sono libere di concentrare tempo e risorse sull’ultima generazione, evitando anche conflitti riproduttivi con le altre femmine ancora fertili

Le orche riescono a vivere fino a 90 anni, superando di gran lunga l’età riproduttiva e la menopausa. Un piccolo mistero su cui gli scienziati si interrogano da anni, ma adesso un nuovo studio ci svela come ciò sia possibile.

La ricerca pubblicata su PNAS è basata sull’analisi di dati raccolti in trent’anni in popolazioni di orche che vivono nel nord ovest del Pacifico.

Gli scienziati hanno notato che le giovani orche che hanno la fortuna di avere le nonne hanno più probabilità di sopravvivenza rispetto a quelle senza; inoltre il rischio di morte delle orche aumenta drasticamente dopo quella della nonna stessa.
Come sappiamo, quella delle orche è
una società matriarcale ed è probabile, secondo gli esperti, che le cosiddette balene assassine portino con sé conoscenze cruciali sulle risorse alimentari che possono influenzare la vita o la morte dei loro parenti.

Quindi in pratica le nonne, ovvero le orche che hanno superato l’età riproduttiva, assicurano una migliore sopravvivenza per i loro nipoti.

Se la vita media di un maschio d’orca si aggira intorno ai trent’anni, le femmine sono fertili fino ai trenta-quarant’anni circa, ma vivono anche fino ai 90 anni.

Sono una delle quattro specie al mondo, insieme a essere umano, narvalo, beluga e globicefalo di Gray, ad andare in menopausa. Ed è per questo che da tempo si studia il loro comportamento.

Il nuovo studio pubblicato da PNAS è basato sui dati raccolti su due popolazioni (gruppi di diversi pod) di orche residenti al largo della costa canadese e statunitense del Pacifico nord-occidentale.

Come si legge nella ricerca, è stato analizzato il tasso di sopravvivenza di 378 nipoti di orche, notando che le possibilità di sopravvivenza fossero maggiori quando era presente una nonna. Monitorando anche l’abbondanza di salmone, l’impatto della morte di una nonna era maggiore nei periodi di scarsità.

La morte di una nonna può avere ripercussioni importanti per il suo gruppo familiare, e questo potrebbe rivelarsi una considerazione importante quando si valuta il futuro di queste popolazioni”, dicono gli esperti.

Ma non solo, se le orche continuassero a riprodursi non sarebbero in grado di offrire lo stesso supporto alla discendenza, ciò significa che l’evoluzione della menopausa ha aumentato la capacità della nonna di aiutare i nipoti.

La morte di una matriarca può avere importanti ripercussioni sul suo gruppo familiare, e questo è particolarmente importante quando si considera il futuro delle popolazioni di orche. Man mano che continuano a diminuire le popolazioni di salmone, le nonne diventano sempre più importanti per le popolazioni di questo cetaceo”, spiega Dan Franks, ricercatore dell’Università di York e co-autore dello studio.

Nel regno animale il matriarcato è predominante e vige una gerarchia molto ben strutturata nel gruppo familiare.

Gli Elefanti, i lupi, le orche, i lemuri, i bonobo, le iene, le api, le formiche, le manguste suricato…

Quello del maschio alfa è un mito da sfatare.

E la nostra società avrebbe molto da imparare dagli animali quanto a rispetto e ruolo delle «femmine»

sebben che sono femmine…

fonti:

https://www.greenme.it/informarsi/animali/orche-nonne-nipoti/?fbclid=IwAR39L69QJhnGdwJXm0mKNIooOyKnu_vyCJ53iPDoxNLgzruan4tW56gAf

https://www.pnas.org/content/116/52/26669

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* le vagabonde blu

” Vagabonde blu “è il poetico nome che indica un tipo di stelle “sempre giovani ”
Diverse le ipotesi avanzate negli anni per chiarire l’origine di questi astri.
Situate all’interno di ammassi globulari o aperti, risultano più calde – da qui la colorazione blu – delle loro sorelle vicine, quando dovrebbero invece essere loro coetanee. Sfidando così le teorie standard dell’evoluzione astrale, secondo cui invecchiando le stelle evolvono prima in giganti rosse e poi in nane bianche, sempre più fredde e meno luminose.
Eppure loro, le “ blue straggler “, seguono tutt’altra strada: vecchie anche di 13 miliardi di anni, continuano ad apparire calde e brillanti come se fossero ancora bambine.
L’enigma di queste stelle e della loro origine ha affascinato astrofisici e scienziati sin dalla loro scoperta, negli anni ’50.
Proprio per cercare una risposta ai dubbi riguardanti le blue stragglers, Robert Mathieu e Aaron Geller, entrambi dell’Università del Wisconsin, hanno compiuto uno studio sul vecchio ammasso stellare NGC 188, un gruppo di stelle la cui età è stimata in circa 7 miliardi di anni posto a circa 5700 anni luce di distanza e osservabile nei pressi della stella Polare.
La conclusione della loro ricerca è che le blue straggler ringiovaniscono perché risucchiano la massa di un’altra stella cui si accompagnano, che le rafforza e permette loro di continuare a vivere più a lungo.
Le stelle analizzate dagli scienziati fanno parte di sistemi binari, in cui cioè due stelle sono “costrette” a ruotare l’una attorno all’altra a causa della mutua attrazione gravitazionale. In determinate condizioni una delle due stelle assorbe massa dall’altra diventando cosi una massiccia “blue straggler”: “ed è proprio la stella compagna che ci ha aiutato a determinare l’origine delle vagabonde blu”, ha spiegato Geller.

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La mia costante consapevolezza che lassù ci sono sempre stelle, pianeti, soli, galassie…che coesistono con noi esseri umani sulla terra, che è il nostro pianeta, nel mare di energia che gli astrofisici chiamano energia oscura, dato che di tutta la energia materia conosciamo solo il 4 o 5 %.
Il fatto di avere tanti compagni di viaggio che contribuiscono con la loro particolare e personale energia al cammino dell’essere umano verso la coscienza, dà il senso al mio concetto di esistenza oltre le coordinate di tempo e spazio che circoscrivono l’esperienza umana in una vita.
Seguo con molta passione l’evoluzione della conoscenza dell’universo, che è solo una piccolissima parte di tutto ciò che non conosciamo.
Come sopra così sotto viene usato troppo spesso, e spesso perde il suo significato, eppure dallo studio delle comete viene la conferma che siamo fatti della stessa materia delle stelle. E siamo quindi sottoposti alle stesse leggi. Il che mi rassicura visto che le stelle che ci interessano direttamente sono sempre lì.
Così certe notizie dallo spazio mi danno spunto per trarne analogie.
Nel grandissimo tempo le nane blu emergono dagli ammassi stellari cariche di energia brillante blu che è il risultato della esperienza di vita delle altre stelle. Continuano ad esistere per testimoniare la loro origine di stelle binarie. e noi le scopriamo dopo milioni di anni luce e ci raccontano dell’universo.
Nel grande tempo grandi uomini carichi di energia emergono dal susseguirsi delle civiltà che sono il risultato delle esperienze di vita di altri esseri umani. Continuano ad esistere nella Memoria del Mondo per testimoniare i valori raggiunti dall’umanità e ci raccontano dell’evoluzione e ne sono stimolo di generazione in generazione.
Nel piccolo tempo del qui e ora io sono il risultato delle mie esperienze. Le mie esperienze riguardano fatti, persone, ambiente, sono il mio universo conosciuto.
Se dalle mie esperienze traggo insegnamento arricchisco le mie capacità di costruire un futuro.Per me, per gli altri, per l’ambiente.
Se ho coscienza di me nel gruppo umanità posso determinare le mie esperienze esprimendo con il mio comportamento i valori propri di ogni essere umano.
Le nane blu prendono energia dal cosmo per esistere oltre il tempo e lo spazio.
I grandi uomini prendono energia dall’evoluzione dell’umanità per essere d’esempio oltre il tempo.
Io prendo energia dall’insegnamento delle mie esperienze per andare nel futuro.

 

Agisco nel mio piccolo intorno in sintonia con l’universo.

E se guardo il cielo lo vedo pulsare di bagliori blu…

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* La buona notizia del venerdì: Generazione Bellezza:Il piccolo borgo antico, Solomeo: la bellezza secondo Brunello Cucinelli.

Il piccolo borgo antico, Solomeo: la bellezza secondo Brunello Cucinelli.

Il re del cashmere ha realizzato il suo sogno di fare di Solomeo un borgo dello spirito, con la sistemazione, dopo quella del paese del ‘300, della sua periferia.

Una periferia “amabile”, come lui la definisce, dove ora sorge una cantina in mezzo a filari di cipressi, viti, olivi, alberi di frutta e campi coltivati in solchi dritti, come gli ha insegnato suo padre. Dritti come devono essere educate le persone, nel perseguire i propri sogni con determinazione ed onestà. E dritti perché “sono più belli”.

Esempi dei tanti insegnamenti di quel padre, ancora gagliardo ultranovantenne, a cui Brunello Cucinelli si ispira, pur avendo scelto una strada diversa da quella del contadino, grazie all’intuizione di produrre il cashmere per prodotti di alta qualità, con stili e colori inusuali.

In quella periferia sorge anche il monumento, circolare come il mondo, che reca la scritta “Tributo alla Dignità dell’Uomo”. Questa è la “periferia amabile”, secondo Brunello Cucinelli. Una periferia dove i vecchi capannoni inutilizzati sono stati acquistati per essere abbattuti e lasciare spazio ai campi. Così precisi da sembrare quasi un’oasi artificiale, tra la pur bella campagna delle colline che dominano il paesaggio da Perugia a Castel Rigone, dove Cucinelli è nato.

Così come tanto perfetto appare, soprattutto agli occhi degli ammirati ospiti americani e giapponesi, il borgo di Solomeo, con il suo castello, le stradine ricoperte da impeccabili mattoni in cotto, il Bosco della Spiritualità dove meditare, la chiesa di San Bartolomeo riedificata nel XX secolo, il Teatro, tempio laico di Salomone dedicato alle arti.

Cucinelli racconta la sua storia e il suo sogno diventato realtà.

Ho fatto un accordo con l’Amico mio lassù – svela – al massimo mi costerà restaurare un convento in più”. Una terrazza da cui si può ammirare il Creato che Cucinelli si sente chiamato a custodire. “E quando non ci sarò più – avverte – verrò giù a controllare e se non si mantiene bene sono cavoli vostri”.

Lui ha contribuito da imprenditore di successo. Ma invita tutti a fare la propria parte, come la pensionata che ha donato 9 euro dei 520 che percepisce di pensione.

Produrre il cashmere in un modo nuovo. Farlo da imprenditore umanista. Farlo in un luogo bello fin quasi alla perfezione, qual è diventato Solomeo.

Era il progetto di vita che avevo scelto” afferma Cucinelli. Perché la sua azienda e il borgo che ha scelto a sua immagine (oltre che come principale luogo di produzione) sono indissolubilmente legati.

Nei suoi capi, oltre alla qualità dei tessuti ed allo stile made in Italy, Cucinelli “vende” anche Solomeo, l’Italia dei piccoli borghi. Nei quali lui ha portato Aristotele, Marco Aurelio, Confucio, Kant.

Perché Solomeo è oggi il piccolo borgo antico secondo Cucinelli. Uno spicchio di Umbria autentica diventata mondo ideale. Un borgo dal quale oggi ancor più di ieri – grazie alle tecnologie – si può andare alla conquista del mondo, come ha fatto il marchio Brunello Cucinelli.

Un sogno, una storia di successo irripetibile? Se lo chiedono la gran parte dei visitatori, anche di tre imprese giapponesi venuti a prendere idee. Brunello Cucinelli è convinto di sì.

E per dimostrarlo, continua a raccontare la sua storia. Nonostante qualche disturbo dall’Umbria reale.

Sotto forma, stavolta, di un contadino che ha deciso di azionare la falciatrice a motore.

BRUNELLO CUCCINELLI

Il borgo umbro ospita la Scuola di Arti e Mestieri, creata con la volontà di trasmettere alle giovani generazioni l’importanza del patrimonio artigianale e della creatività manuale.

Nell’acropoli di Solomeo trova sede la Scuola di Arti e Mestieri, nata con l’intento di restituire dignità alle antiche professioni delle mani sapienti e ridare ai giovani di oggi la fiducia nei confronti dell’artigianato.

La Scuola offre agli alunni corsi di Modelleria e Sartoria femminile, di Taglio e Sartoria maschile, di Rammendo e Rimaglio, di Orticoltura e Giardinaggio e di Arti Murarie.

http://www.solomeo.it/it/

https://www.raiplay.it/programmi/generazionebellezza

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* La buona notizia del venerdì: Il re del Butan chiede un regalo di compleanno speciale ai suoi cittadini!Non i soliti regali, ma qualcosa che faccia bene al Paese, all’ambiente e gli animali, e anche al cuore.

  

Adottare un cane o piantare un albero,

il regalo di compleanno per il re chiesto a ogni famiglia del Buthan

Non i soliti regali, ma qualcosa che faccia bene al Paese, all’ambiente e gli animali, ma anche al cuore. Per il 40esimo compleanno del re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck, il Primo Ministro del Bhutan Lotay Tshering ha chiesto ai cittadini di adottare un cane randagio, piantare un albero o ripulire i rifiuti del quartiere.

Lo scorso 21 febbraio, il re ha compiuto quarant’anni. Nella giornata di festa, negli anni scorsi, ogni famiglia portava fiori e omaggi al sovrano, ma questa volta le cose sono andate diversamente perché, il primo ministro, proprio sui social ha voluto lanciare una bellissima iniziativa.

Invece di fare regali al re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck, ha chiesto alle persone di fare qualcosa per il proprio paese che come tanti si trova a combattere contro il randagismo e l’inquinamento. Allora, perché invece di regale fiori o altri oggetti inutili, non pensare a qualcosa che possa davvero portare un cambiamento concreto?

Mentre il re si è impegnato a sostenere programmi nel settore dell’economia, dell’istruzione, della salute e della tecnologia, il primo ministro Lotay Tshering ha chiesto uno sforzo individuale, convinto che ognuno possa contribuire a fare la differenza.

Sui social ha annunciato che come regalo di compleanno per il re, ognuno avrebbe potuto piantare un albero e curarlo, adottare un cane randagio o impegnarsi nella gestione dei rifiuti nel proprio quartiere.

Questo impegno personale, sarebbe il miglior regalo per Sua Maestà”, dice il primo ministro.

Come sappiamo, il Bhutan ha un numero elevatissimo di cani randagi, da luglio scorso sono in atto misure e provvedimenti per incoraggiare l’opinione pubblica all’adozione, così da togliere dalla strada o dai canili, questi animali.

Il piccolo paese himalayano, conosciuto anche come il più felice dell’Asia, cerca dunque di fare un passo in più e speriamo che anche altri paesi seguano a ruota l’esempio.

Proprio nel Bhutan, da anni, è stato costituito l’acronimo FIL (Felicità Interna Lorda) che è praticamente uno degli obiettivi del Regno. Meditazione, preghiere e felicità per i bambini delle scuole che formano bambini sani, intellettuali e di valore che saranno cittadini produttivi e felici.

La Positive Education è un modello di insegnamento basato sulla sinergia esistente tra le emozioni positive e l’apprendimento. I risultati che si ottengono sono misurabili in termini di performance scolastiche, di benessere psico-fisico e di determinazione a voler conseguire gli obiettivi prefissati. L’efficacia di queste metodologie ha un riscontro scientifico supportato da numerose ricerche e studi a dimostrazione di quanto la positività abbia un ruolo reale all’interno della società.

La Scuola di Palo Alto, annoverata da anni tra le Business School più accreditate del’Asia, è una realtà unica nel suo genere. All’ampio catalogo di corsi, affianca un ricco ventaglio di action learning non convenzionale e una brillante attività editoriale che pubblica successi sui grandi temi del management, della crescita personale, del business.

 

Fonte:

Prime Minister’s Office – PMO Bhutan/Facebook

A scuola di felicità a Palo Alto

 

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* La buona notizia del venerdì: ““Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino”

La buona notizia del venerdì: ““Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino””

Mi ha molto colpito questa citazione del detto di Seneca e che sia stata usata per accompagnare un gesto di solidarietà, inaspettato forse, e sminuito, secondo me, dalle solite scimmie urlatrici.

Mi ha subito fatto pensare a quell’immagine della Terra Pachamama con il mare gli alberi e i fiori, tutto in un unico organismo strettamente connesso e organicamente dipendente da ogni suo elemento.

Mi sono sentita la famosa goccia indispensabile al Mare per il suo moto perpetuo, la foglia attraverso cui l’albero respira e perciò cresce, il fiore che mostra la sua gratitudine alla natura con il suo profumo..e soprattutto ho percepito la coscienza universale dell’Anima Mundi.

Una consapevolezza risvegliata nell’umanità di una reciproca responsabilità di ciò che pensa, dice e fa perchè è questo che crea la realtà condivisa e ne determina la giusta direzione spinta dagli stessi valori universali.

Siamo tutti nella stessa barca, dicevano gli antenati… un po’ stipati e inconsapevoli di essere uguali e avere gli stessi diritti e gli stessi doveri e certamente con lo stesso scopo a rendere l’esistenza Vita.

Siamo quindi capaci di riconoscerci negli altri vicini e lontani come un unico gruppo, che rimane tale nella calma piatta e nella tempesta, sull’unica Terra e sotto lo stesso Cielo.

Siamo capaci di avere una visione globale che va oltre il piccolo orto personale e che si preoccupa. che l’erba sia sempre più verde per tutti.

Siamo capaci di diffondere bigliettini di incoraggiamento e non solo, per ricordare che ci siamo a tutto il gruppo umanità.

Siamo capaci di correre in aiuto al più vicino e al più lontano ognuno secondo le sue possibilità

Siamo capaci di sentirci scaldare il cuore dalle tante finestre accese all’alba e al tramonto.

Siamo capaci di commuoverci se una ragazzina suona con la sua chitarra “Imagine” dal suo balcone

E che “ Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino

Siamo l’Umanità, unici irripetibili, indispensabili, come unici irripetibili e indispensabili sono le gocce del mare, gli alberi, i fiori, gli animali, elementi di un unico organismo che si chiama Terra.

Così connessi e allineati allo stesso scopo di benessere e salute raggiungeremo gli obbiettivi di tutte le scelte future.

https://lauracarpi.com/2020/02/05/la-terra-e-un-essere-vivente-tutto-il-pianeta-e-un-superorganismo-e-noi-ne-siamo-le-cellule/

Quindi ecco la buona notizia di questo venerdì:

Xiaomi: mascherine in regalo alla Protezione Civile

Xiaomi, azienda nota principalmente per il mondo smartphone, aiuta l’Italia regalando le mascherine per l’emergenza coronavirus: il colosso cinese è l’ennesimo esempio di solidarietà dal mondo della Cina, con la scelta di donare un ingente numero di mascherine al Dipartimento della Protezione Civile Italia.

Il gesto di Xiaomi non è un caso isolato, anzi: l’epidemia coronavirus in Italia sta avendo già i primi effetti sull’economia e sul sistema sanitario italiano e il brand, che regala e le preziose mascherine anticontagio, è un modo per la Cina di prevenire e aiutare il nostro Paese fronteggiando un’eventuale carenza di materiale sanitario.

Un’iniziativa lodevole che unisce beneficenza e un pizzico di marketing: ecco cosa prevede la donazione.

Xiaomi sostiene l’Italia e lo fa con un’iniziativa utile ad aiutare la Protezione Civile italiana: migliaia di mascherine di tipo FFP3, ovvero quelle con la più alta classe protettiva, sono state spedite e donate in appositi pacchi a sostegno dell’emergenza sanitaria in Italia.

Le parole di Chew Shou Zi, presidente della divisione internazionale di Xiaomi, esprimono l’interesse del colosso cinese ad aiutare la comunità di utenti italiana colpita dal coronavirus:

Zi continua in una nota a margine dell’iniziativa, evidenziando come:

Siamo stati accolti fin dall’inizio con grande entusiasmo ed è motivo di orgoglio per noi dare oggi il nostro contributo a favore del Dipartimento della Protezione Civile, un organo che con impegno e determinazione sta applicando un eccellente lavoro e favore dell’intera comunità”.

I pacchi contenenti le mascherine sono contrassegnati da un foglio che unisce non solo le bandiere e i colori della Cina e dell’Italia ma una citazione di Lucio Anneo Seneca: “Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino”

https://www.money.it/Xiaomi-regala-le-mascherine-per-coronavirus-Italia-Protezione-Civile

https://www.tpi.it/esteri/coronavirus-cina-raccolta-fondi-italia-

https://www.greenme.it/vivere/salute-e-benessere/coronavirus-festa-wuhan-ultimo-paziente-dimesso

https://www.fanpage.it/attualita/emergenza-coronavirus-la-cina-invia-team-di-medici-in-aiuto-allitalia/

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* La buona notizia del venerdì: Il cervello batte Hal

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Uno dei massimi istituti giapponesi di ricerca scientifica, il Riken – Advanced Institute for Computational Science – ha recentemente programmato un supercomputer servendosi di un software open source NestNeural Simulation Tecnology – al fine di simulare il funzionamento di una rete di 1,73 miliardi di neuroni connessi tra loro da 10,4 trilioni di sinapsi.

L’obiettivo dell’esperimento era quello di valutare i limiti dell’attuale  capacità di simulazione dell’attività di una struttura biologica grande circa 2 volte meno di un cervello umano. Al tempo stesso si misurava la capacità di calcolo del supercomputer Kei,uno dei computer più moderni e potenti al mondo, dotato di 705.024 processori  per circa 1,5 milioni di gigabytes di Ram.

Il computer, il cui nome deriva dalla parola giapponese kei (che vuol dire “10 biliardi”),  è stato prodotto dalla Fujitsu per conto dell’Istituto Riken a Kobe in Giappone. Nel Novembre 2011 è stato il primo congegno al mondo a superare la soglia dei 10 petaflops (Floating Point Operations Per Second), ovvero dei 10 biliardi di calcoli al secondo a cui deve il suo nome. Il supercomputer ha raggiunto comunque una completa operatività solo  verso la fine del 2012.

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Malgrado le sue eccezionali capacità (qualcuno l’ha persino paragonato a un embrione di Hal, il supercomputer di 2001 Odissea nello spazio), però, Kei ha impiegato 40 minuti per riprodurre l’uno per cento delle attività che un cervello umano svolge comunemente in un secondo.

Buon vecchio cervello!

Nonostante sia un modello di almeno 35 mila anni fa – o più, secondo diverse stime – rimane sempre il più veloce; oltre ad essere estremamente piccolo e leggero, naturalmente.

Eppure nessuno se ne rende pienamente conto di questa fantastica, continua attività del nostro cervello; nessuno riesce a credere che il supercomputer sia – per ora almeno – così al di sotto delle quotidiane prestazioni di un encefalo umano.

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Proviamo allora a pensare come la nostra vita, in ogni istante, sia mediata dalle informazioni che gli organi di senso inviano al cervello e che questo elabora in microsecondi operando confronti con miliardi di dati in memoria e generando processi associativi che attivano milioni di automatismi. Così, per esempio, guidiamo l’auto ascoltando la radio o conversando con gli altri passeggeri, riuscendo a seguire un percorso prestabilito nella mente e a riconoscere i punti di riferimento – cartelli stradali, imbocchi di autostrade, rotatorie ecc. – utili per svoltare o cambiare strada al momento giusto; e siamo anche capaci di reagire con estrema prontezza ad eventuali anomalie del traffico, evitare un altro veicolo, frenare per un ostacolo improvviso, accorgerci di un autovelox  e – persino! – di ammirare e commentare il paesaggio.

Così un odore percepito per caso, in strada, mentre camminiamo di fretta, o un cambiamento della luce del giorno attraverso la finestra dell’ufficio, mentre siamo immersi nel lavoro, d’improvviso ci proietta in lontani ricordi, in mondi assai diversi e remoti, colmandoci di emozioni forti e del tutto impreviste. E riviviamo un luogo dell’infanzia o una persona cara che non c’è più, con una incredibile ricchezza di immagini, con un così grande dettaglio di particolari che mai avremmo detto, che non sapevamo proprio di possedere; e con un imbarazzante nodo alla gola .

Questo perché pare che l’encefalo umano lavori a oltre 38 petaflops, valore tuttora leggendario per i supercomputer. 

Molecular Thoughts

Buon vecchio cervello, sei sempre il migliore.

Il cervello è un mezzo, è una parte della materia che la Coscienza plasma per esprimere la propria volontà.

Il motore primario è la Coscienza.

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* L’autore di “Desiderata” si reincarna ogni secolo, ed in ogni secolo lascia il suo messaggio…

Questo testo viene quasi sempre presentato come “Manoscritto del 1692 trovato a Baltimora nell’antica chiesa di San Paolo”.

Invece nel 1959 il reverendo Frederick Kates rettore della chiesa di St. Paul, a Baltimore, Maryland, incluse questo pensiero in una raccolta di materiale devozionale. In cima alla raccolta, c’era l’annotazione “Old St. Paul’s Church, Baltimore, A.C. 1692”, che è l’anno di fondazione della chiesa… da qui l’equivoco.

In realtà, l’autore di questi versi è Max Ehrmann, un poeta di Terre Haute, Indiana, vissuto dal 1872 al 1945, e scrisse Desiderata intorno al 1927.

Narra la leggenda che ci sono nel mondo nove “Desiderata”.

Al momento ne sono state ritrovate tre: la prima (la più antica) scritta in sanscrito ritrovata in India, la seconda ritrovata nella vecchia chiesa di Saint Paul a Baltimora nel 1962, la terza ritrovata in Bretagna nel 1998, sull’isola di Groix, in una casupola in pietra di pescatori a picco su un promontorio chiamato “Trou de L’enfer”.

L’autore di “Desiderata” si reincarna ogni secolo,

ed in ogni secolo lascia il suo messaggio…

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* La buona notizia del venerdì: Sebben che siamo donne: Fabiola Gianotti ottiene il secondo mandato alla guida del Cern: è la prima volta

È la prima volta di una riconferma, non prevista finora nello statuto del Cern.

La scienziata è direttore generale dal 2016.

Nel 2012 il Time l’ha inserita al quinto posto nella lista delle persone dell’anno

 

Nata a Roma 59 anni fa, Fabiola Gianotti ha studiato Fisica con un dottorato di ricerca in fisica sperimentale subnucleare e, in seguito, è stata borsista Infn.

La scienziata è stata fra i protagonisti della scoperta del bosone di Higgs, la particella che dà massa a tutto ciò che ci circonda, esseri umani compresi.

Una scoperta premiata con il Nobel per la Fisica nel 2013 ai fisici Peter Higgs e François Englert.

Fabiola Gianotti è approdata al Cern, il centro di ricerche basato a Ginevra, nel 1987 e dal 1994 è stata fisico di ricerca nel Physics Department. Si è occupata della ricerca e dello sviluppo così come della costruzione di rivelatori, e di sviluppo di software e di analisi di dati. Tra gli esperimenti cui ha lavorato negli anni al Cern: Ua2, Aleph e Atlas, di cui è stata coordinatore internazionale dal 2009 al 2013.

Nel 2012 la rivista Time la inserisce al quinto posto nella lista delle persone dell’anno: è l’anno in cui Fabiola Gianotti ha annunciato la scoperta da Nobel del bosone di Higgs.

Nello stesso anno riceve l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, mentre il Comune di Milano le conferisce l’Ambrogino d’Oro.

Dal 2013 lascia la carica di portavoce dell’esperimento Atlas e viene nominata professore onorario all’Università di Edimburgo. Nello stesso anno il professor Higgs, in occasione dell’assegnazione del premio Nobel per la fisica, la vuole al suo fianco per la cerimonia.

Un altro prestigioso riconoscimento è la presenza del suo nome nell’elenco delle cento donne più potenti al mondo stilato ogni anno dalla rivista Forbes: Fabiola Gianotti è al 78esimo posto nella classifica che conta sono due italiane.

Nel 2016 inizia ufficialmente il mandato alla guida del laboratorio internazionale di Ginevra, il cui rinnovo non era affatto scontato.

Fabiola Gianotti è stata la terza italiana (la prima donna) chiamata a dirigere il Cern, dopo Carlo Rubbia, in carica dal 1989 al 1994, e Luciano Maiani, in carica dal 1999 al 2003.

fonte:https://www.repubblica.it/scienze/2019/11/06/news/fabiola_gianotti_riconfermata_alla_guida_del_cern-240374844/

Sebben che siamo donne!

https://lauracarpi.wordpress.com/2014/11/07/la-buona-notizia-del-venerdi-fabiola-gianotti-e-la-prima-donna-direttore-generale-del-cern/

https://lauracarpi.wordpress.com/2016/06/17/la-buona-notizia-del-venerdi-sebben-che-siamo-donne-premiate-negli-usa-le-ricercatrici-italiane/

https://lauracarpi.wordpress.com/2015/10/28/sebben-che-siamo-donne-2/

https://lauracarpi.wordpress.com/2013/09/04/sebben-che-siamo-donne/