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* La buona notizia del venerdì: ricercatrici, professoresse,scienziate,professioniste,bioingegnere, biofisiche,premi nobel,strateghe,dirigenti…….che donne alla Casa Bianca!

Il volto dell’amministrazione Biden, e quindi dell’America, sarà donna.

 

Non era mai successo prima che l’intera leadership della comunicazione alla Casa Bianca fosse femminile.Questo si aggiunge alla vice presidente Kamala Harris, e alle nomine ufficializzate ieri per la squadra economica, anch’essa guidata da donne, a conferma di una scelta strategica che va oltre la gratitudine elettorale.

In realtà non ci sarebbe nemmeno da chiedersi il motivo, perché la popolazione femminile è oltre metà degli Usa (e del mondo), e quindi la stranezza era che non fosse abbastanza rappresentata prima. Piuttosto si tratterebbe di capire cosa significano queste scelte sul piano politico, in base a competenze e posizioni, aldilà del genere.

La direttrice della comunicazione sarà Kate Bedingfield, che aveva già avuto questo ruolo quando Biden era vice presidente, ed è stata la vice manager della campagna elettorale. Durante la corsa alla Casa Bianca teneva i briefing via zoom con i giornalisti e si occupava di strategia.

La portavoce sarà Jen Psaki, vecchia conoscenza, perché aveva diretto la comunicazione di Obama e poi era stata portavoce di Kerry al dipartimento di Stato. Le vice saranno Pili Tobar e Karine Jean-Pierre, mentre della first lady si occuperà Elizabeth Alexander.

La direttrice delle comunicazioni di Kamala Harris sarà Ashley Etienne e la portavoce Symone Sanders.

Biden si è vantato di aver scelto sole donne, per convinzione e necessità politica di ringraziare un gruppo decisivo per la sua vittoria, e le future battaglie elettorali dei democratici. «Comunicare in maniera diretta e veritiera col popolo americano è uno dei doveri più importanti del presidente. Questa squadra avrà la tremenda responsabilità di collegare la gente alla Casa Bianca».

Anche Kate e Jen sono due partigiane, naturalmente, e Biden si aspetta che riportino sul podio valori professionali perduti a scapito della credibilità dell’intero Paese.

Janet Yellen prima donna Segretario al Tesoro , ma la squadra economica è stata completata con la professoressa afroamericana della Princeton University,Cecilia Rouse, prima donna di colore a presiedere il Council of Economic Advisers, e Neera Tanden, dal 2011 presidente del Center for American Progress,prima donna indiana a dirigere l’Office of Management and Budget.

Deb Haaland sarà la prima donna segretaria del Dipartimento degli Interni.La signora Haaland fa parte del Comitato per le risorse naturali della Camera, che sovrintende al Dipartimento degli interni. Quell’esperienza potrebbe indirizzare le scelte del suo lavoro.

Linda Thomas Greenfiel,afroamericana nota come Ltg al dipartimento di Stato, dove è stata in servizio per 35 anni, Thomas Greenfield è stata assistente segretario di Stato per l’Africa nella Amministrazione di Barack Obama sarà Ambasciatrice ONU.

Come Rappresentante per il Commercio, Biden ha scelto Katherine Tai – attualmente capo consulente commerciale della commissione Fisco e Bilancio della Camera dei Rappresentanti.

Guardando oltre genere e razza, si intuisce la direzione scelta.

Rouse è specializzata nel lavoro, e Tanden era leader del Center for American Progress, think tank fondato dal braccio destro di Hillary John Podesta.

L’intelligence Nazionale l’ha già affidata ad Avril Haines, prima donna a ricoprire questo ruolo mentre a Jennifer Granholm il Dipartimento dell’Energia che avrà un ruolo chiave nel sostenere politiche per la salvaguardia dell’ambiente.

Frances Arnold, bioingegnere al California Institute of Technology di Pasadena e premio Nobel, e Maria Zuber, geofisica al Mit, co-presiederanno il President’s Council of Advisors on Science and Technology .

Alondra Nelson, ricercatrice pluripremiata,scrittrice e accademica americana, presidentessa del Social Science Research Council e docente all’Institute for Advanced Study, sarà vice-direttrice dell’Office of Science and Technology Policy.

E poi Dana Remus, che ha guidato il team legale della campagna Biden-Harris. Mentre Annie Tomasini, capo dello staff della campagna di Biden, è stata scelta come direttore delle operazioni dello Studio Ovale.

Julie Rodriguez, ex capo dello staff elettorale di Kamala Harris, sarà invece direttore dell’Ufficio degli affari intergovernativi della Casa Bianca.

Jennifer O’Malley Dillon, manager della campagna di Biden, scelta come vice capo dello staff.

Donne, dunque, ma con motivazioni politiche precise e missioni che vanno oltre il genere.

( e per il momento ho trovato solo questi nomi !)

Tutte donne che si sono distinte per impegno, professionalità,determinazione,serietà e competenza e hanno raggiunto i grandi obbiettivi distinguendosi nelle varie discipline a livello personale e mondiale.

Le donne cambieranno il mondo !

https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2020/12/01/news/biden-punta-su-un-team-di-donne-la-casa-bianca-parla-al-femminile-1.39603170

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* La buona notizia del venerdì: E’ una scienziata che ha sviluppato la tecnologia alla base dei vaccini a mRna! La sua ricerca iniziata dal 1995 e messa a punto dal 2005!

E’ Katalin Karikò la prima ricercatrice a studiare le possibilità di creare vaccini con l’uso della molecola RNA.

Katalin Kariko, la ricercatrice nata in Ungheria nel 1955 che ha sviluppato, nel corso delle sue ricerche la tecnologia che è alla base dei vaccini di Pfizer/Biontech e di Moderna/Nih: quella dei vaccini a mRna.

La sua storia comincia con il licenziamento dal Szeged Biological Research Center in Ungheria dove aveva deciso di continuare i suoi studi sull’RNA iniziati all’Università di Szeged. Dopo quel licenziamento alla giovane ricercatrice appena trentenne arrivò nel 1958 l’offerta per un posto alla Temple University  in Pennsylvania (USA).

Allora c’era ancora il Muro di Berlino e per una coppia di ricercatori come Kariko e suo marito, era difficile passare dall’altra parte.

Così, ha raccontato al New York Post, vendettero la loro auto al mercato nero e con il ricavato (1.200 dollari) nascosto nell’orsacchiotto della figlia di appena due anni, sbarcarono in America. Qui, dopo cinque anni alla Temple, è passata alla Pennsylvania University dove ha tenacemente continuato le sue ricerche e la sua attività di professore.

Nel corso della sua carriera si è dovuta scontrate con almeno due rettori dell’Università americana che hanno fatto di tutto per relegare ai margini la sua attività di ricerca.

Per anni in molti hanno pensato che il suo lavoro di ricerca sull’mRNa fosse un vicolo cieco. Negli anni 90 molto domande per il finanziamento sono state respinte e il suo lavoro ha rischiato di venire cancellato.

Kariko però grazie alla collaborazione con Drew Weissman ha continuato a portare avanti i suoi obiettivi riuscendo a scoprire meccanismi chiave per lo sviluppo degli attuali vaccini, e delle altre terapie a base di mRNA, come, per esempio la terapia genica.

La sua scoperta chiave è stata quella della messa a punto, nel 2005, di un metodo che permettesse di prevenire la risposta infiammatoria ll’Rna sintetico da parte dell’organismo. Questo ha aperto la strada a tutte le altre applicazioni tanto che molti ricercatori, inclusi quelli che ora lavorano per Moderna, riconoscono il ruolo di primo piano della ricercatrice ungherese.

Dal 2014 Katalin Karikò, che è titolare di diversi brevetti, lavora per la Biontech, la società tedesca che ha sviluppato il vaccino che viene somministrato in queste ore nel Regno Unito contro il Covid, dopo aver rifiutato una proposta di lavoro, dalla diretta concorrente, Moderna.

“Penso che dovrebbe ottenere il Premio Nobel per la chimica”, ha detto al Post Derrick Rossi, uno dei principali biologi molecolari del paese.

Rossi, un ex professore di Harvard, ha visto la ricerca di Kariko dopo che è stata pubblicata nel 2005, ne ha riconosciuto il potenziale e si è basato su di essa quando ha fondato Moderna nel 2010.

L’RNA è una molecola senza la quale la vita sulla Terra non potrebbe esistere. È il messaggero incaricato di entrare nel nucleo delle nostre cellule, leggere le informazioni contenute nel nostro libro di istruzioni genetiche, il DNA, e uscire con la ricetta per produrre tutte le proteine ​​di cui abbiamo bisogno per muoverci, vedere, respirare, riprodurci, vivere.

https://www.affaritaliani.it/esteri/vaccini-kariko-la-madre-ungherese-dell-antidoto-per-il-covid-prossimo-nobel-713862.html

https://www.agi.it/scienza/news/2020-12-11/donne-hanno-fatto-vaccini-10641309/

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* 26 dicembre 1965: date da ricordare per continuare a cambiare il mondo! Sebben che siamo donne !

Era il 26 dicembre, una sera fredda del 1965.

Ad Alcamo le strade sono quasi deserte.

Franca Viola, bellissima diciottenne, figlia di una coppia di contadini, pensa al suo futuro, sogna.

Ma il futuro è già dietro l’angolo.
Filippo Melodia, mafiosetto del luogo, si è invaghito della ragazza, ma da lei ha ottenuto solo un rifiuto.

Quella sera, decide di rapirla. Una “fuitina ” così si chiama da quelle parti. Ce ne sono state tante, prima: tutte concluse con il cosiddetto ‘matrimonio riparatore’.
Melodia rapisce Franca, fa prevalere la forza.

Poi, con prepotenza, non ottenendo dalla ragazza il consenso alle nozze, dopo la violenza sessuale, fa leva sul padre. Lo minaccia, persino, per ottenerne un sì alle nozze.


Ma lei disse no a quel matrimonio, disse no per il motivo più vecchio del mondo: voleva scegliere l’amore e non voleva acconsentire a una scelta, che la legge italiana consentiva e che avrebbe per sempre limitato la sua libertà.

Lei fu la prima a ribellarsi.

Il 26 dicembre 1965 fu un bel giorno, il giorno in cui, grazie a una donna, tutte le altre donne dopo di lei hanno potuto dire no alla violenza ideologica e patriarcale*

Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori”

Per merito suo venne il 5 agosto 1981, giorno in cui venne eliminato per sempre il delitto d’onore col suo carico simbolico.

Tanto ci volle per cancellare l’infamità del “delitto d’onore” ma anche del “matrimonio riparatore” in Italia.

Fu il Parlamento Italiano ad abrogare la rilevanza penale della causa d’onore”, una disposizione tremenda, retriva e umiliante specialmente per le Donne che ne erano le prime vittime.

Si trattava di un residuo legislativo” del Codice Rocco (anni Venti), in vigore dal Fascismo, e in forte contraddizione con il Nuovo Diritto di famiglia e il divorzio, vigenti da tempo nella legislazione italiana.

Grazie a Franca Viola.!

Con questo suo gesto di grande coraggio e dignità, aprì la via alla crescita civile e alla emancipazione delle donne italiane.

Senza il suo coraggio chissà quanto altro tempo avrebbero dovuto aspettare le donne per vedere garantiti i loro diritti. 

In molte imitarono la sua scelta fino a quando l’articolo del Codice penale fu abolito.

 

Grazie ai genitori che l’hanno aiutata e sostenuta senza mai piegarsi.

https://www.facebook.com/casaintdelledonneroma/posts/2884755728216497

 

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* Le Dame del Natale sono le splendenti madri del Sole.

Nel soffice biancore della neve, che riposa sulla terra assopita, un leggero tintinnare di campanellini si ode da lontano. Sono le Dame del Natale, che attraversano il cielo sulle loro slitte, o emergono dal fitto dei boschi coronate d’abete e agrifoglio, di luci e di brina.
Luminose e bianchissime, reggono la fiamma della nuova vita e portano doni d’abbondanza, nutrimento e calore.

E pur essendo vestite di ghiaccio e neve, sono le splendenti madri del Sole.

In molti paesi europei, prima dell’avvento della religione cristiana e, successivamente, della più comune figura di Babbo Natale, bellissime Fate e Dée conoscitrici del destino degli uomini presiedevano le festività solstiziali e natalizie in un’incantevole predominanza femminile, e durante le magiche notti d’inverno vagavano per le strade e passavano in ogni casa a osservare se fosse pulita e ordinata, e se ogni lavoro di filatura fosse stato portato a termine.
La loro visita era attesa e al contempo temuta, poiché avrebbe potuto recare liete benedizioni, o punizioni terribili. Il loro tocco poteva essere leggero e delicato come un fiocco di neve, o implacabile come una tempesta di ghiaccio, ed esse potevano apparire a loro piacimento giovani e bellissime o vecchie e raccapriccianti, benefiche o malefiche, amorevoli e materne o gelide e impietose, portatrici di buona fortuna o di sorte funesta. Ciò nonostante, è soprattutto nel loro aspetto più amabile che vengono ricordate, come eterne divinità della luce, della rinascita, della prosperità e dell’anelato ritorno del sole.

Ogni terra ha la sua dama e ogni dama è diversa, seppure sempre simile alle sue sorelle. Quelle che seguono sono solo alcune delle molte Dèe e Fate, sopravvissute sino a oggi, legate al solstizio invernale, alla vigilia di Natale e ai dodici giorni che intercorrono fra il ventisei dicembre e il sei di gennaio.
Questa ricerca pertanto non avrà termine e ogni anno sarà arricchita e perfezionata, in onore delle buone Dame del Natale, che sempre vegliano e osservano nel cuore buio e gelido dell’inverno.

 

Kolyada, la bianca Fanciulla dell’inverno

 

Nelle gelide terre della Russia e della Slovenia si onorava un tempo la candida Kolyada, una luminosa entità femminile legata al tempo invernale, e in particolare al giorno del solstizio.
Kolyada era infatti la Dea dell’inverno e del sole nascente, e si credeva che ogni mattina incoraggiasse i pallidi raggi solari a sorgere per benedire con il loro tepore la terra addormentata. La stessa lucentezza delle belle giornate invernali era considerata un suo dono, e spesso la si immaginava mentre guidava il sole su per il cielo, fino ai caldi giorni d’estate.
La leggenda vuole che la divina fanciulla visitasse le vie dei villaggi nella notte del solstizio d’inverno – oppure la vigilia di Natale – portando i suoi doni di luce e abbondanza alle famiglie e ai bambini. Un dolcissimo tintinnare di campanelle annunciava il suo arrivo, e Kolyada giungeva sorridente, vestita di un finissimo abito candido come la neve e seduta sulla sua slitta. “I capelli bianchi, la pelle bianca, vestita tutta di bianco, bianchi anche i cavalli che trainano la sua bianca slitta, è difficile distinguerla in mezzo alle nuvole di neve.” (1) In un incantato e luminoso candore la Dea percorreva le strade innevate, dispensando intorno a sé benedizioni e fortuna.

Proprio per richiamare la sua presenza e la sua benevolenza, in alcuni paesi russi si celebra ancora oggi il rito tradizionale della sua visita natalizia. Alla vigilia di Natale, giorno a lei sacro, una delle giovinette più belle viene vestita di uno splendido abito bianco, e durante la giornata percorre le vie del villaggio seduta su una slitta, mentre ragazzi e bambini, talvolta mascherati da animali, la accompagnano e precedono nel suo festoso peregrinare. La fanciulla viene chiamata Kolyada, poiché personifica e sostituisce la Dea, e visitando casa dopo casa porta la benedizione del sole e imita il suo benefico ritorno dopo la lunga notte del solstizio.
All’arrivo della splendida giovane, ogni famiglia la accoglie con gioia e i bambini intonano gli antichi kolyadki, i canti tradizionali con i quali si celebra la sua venuta, nonché la rinascita e la nuova vita che lei infonde alla terra. Per ricambiarli, Kolyada offre dolci e piccoli doni, come simboli di fortuna, luce e prosperità per il nuovo anno.

In diversi paesi dell’Europa dell’Est, Kolyada era considerata anche una Dea del tempo. Il suo nome, che potrebbe derivare da kolo, ovvero “ruota”, richiama simbolicamente sia il sole, sia il cerchio della perenne ciclicità, e dunque il tempo ciclico, il ruotare costante delle stagioni e il sicuro ritorno della luce dopo il gelido inverno.
La stessa parola potrebbe significare anche “danza circolare”, e a questo proposito si potrebbe pensare che in occasione delle feste di Kolyada (2) venissero compiute danze sacre in cerchio, per richiamare la presenza della radiosa fanciulla e dunque il ritorno del sole, così come il suo crescente cammino attraverso la volta celeste.

“Kolyada! Kolyada!
Kolyada has arrived
On the Eve of the Nativity.
We went about, we sought
Holy Kolyada,
Through all the courts, in all the alleys.
We found Kolyada
In Peter’s Court.
Round Peter’s Court there is an iron fence,
In the midst of the Court there are three rooms:
In the first room is the bright Moon;
In the second room, the red Sun;
And in the third room, the many Stars.” (3)

 

2. Kolyada o Koliada è il nome che ancora oggi viene dato all’intero ciclo di festeggiamenti invernali e natalizi in Slovenia, in Russia e in altri paesi dell’Europa dell’Est. Con l’arrivo del Cristianesimo le feste dedicate alla Dea Kolyada vennero soffocate e assorbite nelle nuove celebrazioni, ma nonostante questo, alcuni kolyadki vengono ancora innalzati in suo onore, e il suo nome viene tuttora invocato la vigilia di Natale.

3. Uno dei canti tradizionali –kolyadki – che invocano la presenza di Kolyada alle feste solstiziali e natalizie. W. R. S. Ralston, Songs of Russian People.
“Kolyada! Kolyada! Kolyada è arrivata, Alla vigilia della Natività. Abbiamo vagato, abbiamo cercato la Santa Kolyada, Attraverso tutte le corti, in tutti i vicoli. Abbiamo trovato Kolyada alla Corte di Pietro. Intorno alla Corte di Pietro c’è un recinto di ferro, Nel mezzo della Corte ci sono tre stanze: Nella prima stanza c’è la Luna luminosa; Nella seconda stanza, il rosso Sole; E nella terza stanza, le molte Stelle.” (T.d.A.)
Nonostante sia evidente l’influenza della religione cristiana, il senso originario di questi canti, nonché le gioiose invocazioni alla divina Kolyada, sono rimasti fortunatamente invariati.

Ricerca e testo di Violet. .

http://www.tempiodellaninfa.net/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=280&pagenum=2&mode=thread&order=0&thold=0

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* La buona notizia del venerdì: A Natale c’è la favola sospesa !!!

Anche quest’anno regalo libri!!!

Sono cresciuta tra i libri ! I miei avevano librerie in ogni angolo e diversi interessi per cui avevo a disposizione una mezza biblioteca.

Ancora ricordo una certa eciclopedia “ La scala d’oro” della mamma che mi sono letta fino all’utima riga.

Così le mie figlie!

Ricordo ancora la più piccola che alla prima festicciola in casa di un amichetto era rimasta sconcertata : “ Mamma! Pensa in quella casa non c’è nemmeno una libreria ! Non ci sono libri!”

E ancora sono legata alla emozione della pagina di carta che scorre sotto le dita e al fruscio che fa quando la giri….

Ogni libro che ho letto ha contribuito a come sono. Ogni libro che leggo mi arricchisce. E’ un elenco in continuo divenire.

E come qualcuno ha detto:

” Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro.”

il web è pieno di iniziative per abituare i bambini a leggere. Eh sì! Perchè leggere è un abitudine che crescendo diventa una necessità!

Mi ha colpito l’iniziativa di questa autrice di libri per bambini e non solo. Giuseppina Bruno.

La conosco e la seguo da molti anni e sono affascinata dai suoi lavori.

Basta aprire un suo libricino nel formato più adatto per i bambini per essere trascinati in un mondo altro come se per magia una fata avesse scosso la sua bacchetta.

Una folta folla di personaggi che diventano subito compagni di avventure di vita e insegnano con le loro imprese i valori essenziali per la crescita.

Il tutto disegnato personalmente dall’autrice con un segno essenziale che conquista anche i “grandi”: e diventa una valido aiuto nella comunicazione.

Alla portata di tutti, come dice lei!

La favola sospesa

Conosco tante persone che vorrebbero comprare i miei libri ma non hanno bambini a cui regalarli. Io me li regalerei da sola, ma capisco il punto di vista.

Visto il momento di difficoltà per molte famiglie, ho pensato che chi vuole potrà acquistare un libro Stargatto da mettere nelle “favole sospese“.

Mi piace l’idea di regalare una favola dove c’è più bisogno di sognare, di immaginare, di usare la fantasia.

La stessa cifra degli acquisti fatti per le favole sospese sarà donata in beneficienza da me personalmente.

Oltre alle favole, il mio contributo perchè questo Natale sia migliore per tutti.

Per partecipare potete contattarmi via email (libristargatto@gmail.com)

Grazie per tutti quelli che contribuiranno in questo progetto in cui credo molto.

https://www.giuseppinabruno.com/post/la-favola-sospesa

https://www.giuseppinabruno.com/blog/categories/bruno-libri

Sono una scrittrice che ha scelto, dopo diverse esperienze, di curare la pubblicazione e la distribuzione dei propri libri. Sul sito troverai anche pubblicazioni omaggio che potrai scaricare subito. Mi piace sperimentare, creare, per me il libro è una porta magica che ti porta in un mondo, dove la fantasia regna sovrana per riportare ordine, armonia e amore nella mente e nel cuore.

Sono certa che apprezzerai il mio lavoro. Grazie per la tua scelta.

grazie Giusy

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* La buona notizia del venerdì:Le calciatrici italiane avranno il congedo di maternità

Il sindacato mondiale delle giocatrici ha ottenuto dalla FIFA il riconoscimento di nuove tutele

FIFPro, il sindacato delle calciatrici e dei calciatori, ha collaborato con la FIFA — l’organizzazione che governa il calcio mondiale — per introdurre nuove tutele a favore delle calciatrici. Dal primo gennaio 2021 le società dei campionati femminili riconosciuti dalla FIFA dovranno garantire un minimo di quattordici settimane di congedo di maternità (almeno otto delle quali dopo il parto) e un indennizzo pari ad almeno due terzi dei compensi previsti in precedenza. Le calciatrici avranno inoltre la possibilità di rimanere registrate con le loro squadre anche nel periodo di assenza, e le società dovranno motivare dettagliatamente i motivi di eventuali rescissioni decise nel corso della maternità: nel caso non dovessero fornire spiegazioni adeguate, le calciatrici avranno diritto a un risarcimento pari a sei mensilità.

Il movimento calcistico femminile chiedeva da tempo nuove tutele, più ampie e uniformi delle precedenti, citando il diritto delle calciatrici — in quanto lavoratrici — ad avere figli senza subire ripercussioni in ambito lavorativo. Secondo uno studio condotto tre anni fa dal sindacato FIFPro, soltanto il due per cento delle giocatrici allora in attività aveva figli, mentre il 47 per cento riteneva inconciliabile la maternità con l’attività sportiva, considerando le scarse tutele esistenti.

(Photo by Linnea Rheborg/Getty Images)

Per il sindacato si tratta soltanto di un primo passo, perché le tutele introdotte rappresentano un livello appena minimo di protezione. Avranno infatti un effetto maggiore nei paesi in cui il calcio femminile gode di più garanzie, come il riconoscimento dello status professionistico, che prevede veri e propri contratti di lavoro e l’accesso ai sistemi previdenziali. In Italia, dove il movimento femminile è inquadrato come dilettantistico e i compensi sono sotto forma di rimborsi e accordi privati, le nuove tutele potranno quindi diventare più efficienti con il passaggio al professionismo, consentito e agevolato dalla legge di bilancio votata lo scorso dicembre ma rallentato dagli effetti della pandemia.

Attualmente a sostegno della maternità per le sportive italiane c’è soltanto un fondo, istituito nel 2018, che mette a disposizione tre milioni all’anno per consentire il proseguimento del percorso sportivo e una continuità retributiva durante il periodo di congedo. Tuttavia, ad eccezione delle atlete di alto livello, la maternità continua a coincidere con il ritiro dall’attività. Nel caso del calcio, le società non sono tenute a garantire alcuna forma di tutela: se in alcuni casi lo fanno è soltanto per iniziativa individuale.

Lei è #SaraGama.
È la #capitana della nazionale italiana. È stata eletta, ieri, vice presidente dell’associazione Calciatori (e Calciatore).
Per la prima volta questa carica è ricoperta da una donna.
Sara ha una bella storia. Suo papà è congolese, la mamma triestina. Ha cominciato a sette anni a giocare a pallone, a diciassette ha debuttato in serie A, a diciannove in Nazionale. Laureata in Lingue e Letterature Straniere all’Università di Udine, parla quattro lingue (oltre all’italiano anche inglese, francese e spagnolo).
Hanno fatto anche una Barbie a sua immagine e lo slogan con questo slogan: “Una grinta in grado di ispirare ogni bambina a perseguire sempre i propri sogni”

https://www.ilpost.it/2020/11/19/calciatrici-maternita/?fbclid=IwAR3EHJ9nWt_vuxNa4Ck6MAik56NuL7u3LwxGsBZhI-TATkBOyzeO90mDwc8

https://www.facebook.com/labodif/

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* La buona notizia del venerdì: Con uno smartphone si può raccontare la ” Gente Celeste”? Maira lo fa

In un mondo dove ormai la tecnologia è presente e diffusa in ogni ambito della vita quotidiana, a molti potrebbe sembrare strano pensare che esistono ancora realtà in cui uno smartphone è una sorta di oggetto semi-sconosciuto, una “meraviglia” elettronica di cui si può benissimo fare a meno. In effetti, nei luoghi più remoti del Pianeta, dove da sempre vivono comunità indigene e tradizionali, la tecnologia e tutt’altro che scontata, per motivi che spaziano da quelli economici alla necessità di preservare la cultura originaria.

È così anche per i Tatuyo, una popolazione indigena dell’Amazzonia colombiana. In questa comunità, però, c’è una persona che, proprio grazie a un telefono di ultima generazione, ha deciso di andare oltre le barriere che spesso esistono a causa dell’emarginazione dei gruppi come il suo. Si chiama Maira, ed è una sorta di “influencer” indigena.

Maira Godinho ha 21 anni, e non potrebbe essere più orgogliosa di far parte dei Tatuyo, la “gente celeste”. Di sicuro, scattare foto e postarle sui social network non è una pratica che assoceremmo a una ragazza indigena, eppure Maira fa proprio questo, e in breve tempo le sue testimonianze della vita tribale sono diventate seguitissime in tutto il Pianeta.

Valorizzare e documentare la diversità: questo è l’intento primario di Maira che, smartphone alla mano, ha deciso di mostrare al mondo la bellezza del suo popolo e della sua cultura, un gruppo etnico che – come tanti altri – spesso è stato oggetto di discriminazioni, critiche e pregiudizi. E, con oltre 2 milioni di followers, possiamo dire che questa originalissima “influencer” indigena è riuscita nel suo intento.

Cunhaporanga – così è conosciuta sui social – sta letteralmente abbattendo le barriere, mostrando i luoghi, i volti, i sorrisi e le attività della sua gente e regalando a tutti uno spaccato preziosissimo su suo stile di vita.

Diplomata alle scuole superiori e dedita all’agricoltura e all’artigianato, Maira è riuscita a farsi aiutare dal fratello a installare un’antenna satellitare grazie alla quale può connettersi a internet anche nei posti remoti in cui vive, proprio dove di solito i cellulari non hanno rete.

*

Una ulteriore dimostrazione che la cultura apre altri mondi e stimola la comunicazione tra i diversi modi di vivere che neppure alcuni sospettano.

Quale comunicazione però? Oggigiorno è anche troppo facile e troppo veloce diffondere notizie. Ma quando i mezzi a nostra disposizione servono per condividere antiche e amate tradizioni portano arricchimento a tutti.

E ci fanno percepire di appartenere alla multiforme umanità che abita la Terra!

 

Fonte:

https://www.curioctopus.it/read/29937/questa-giovane-indigena-ha-portato-lo-smartphone-nella-sua-tribu-per-mostrare-la-vita-nella-foresta-amazzonica?

 

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* Natura morta con cachi di stagione

Mia nonna era una pittrice.

Dipingeva grandi arazzi con temi bucolici e sofisticate miniature su pergamena.

Mi è cara una piccola natura morta ad olio con frutta di un acceso e vibrante arancione.

Ho sempre pensato che fossero arance…

Ma, smontando la cornice per rinnovarla, in un angolo nascosto ho trovato il titolo:

” natura morta con cachi di stagione”

 

Il cachi è noto in botanica con il nome Diospyros kaki: deriva dal greco ed è costituito da due parole “Diòs” (riferito al dio Giove) e “pyròs” (frumento). Quindi, il cachi viene definito il frumento di Giove, “cibo degli dei”, per merito del suo sapore dolcissimo e unico ed originale.“kaki” fa riferimento, invece, al colore aranciato del frutto.

Il Diospyros kaki è un albero molto comune in Cina e Giappone dove è coltivato fin dalla antichità, con il nome “ Mela d’Oriente” e Loto del Giappone”. Sarà solo nel 1796 che il direttore, inglese, del Giardino Botanico di Calcutta ne porterà alcuni esemplari in Inghilterra.
Si ha notizia che un cachi fu piantato, nel 1870, nel Giardino Botanico di Boboli a Firenze. Qualche anno più tardi (1879) ne furono piantati diversi nell’Orto Botanico di Villa Giulia a Palermo, dove ancora oggi sopravvivono.

Il nome cachi (kaki) è l’equivalente del suono in lingua giapponese con il quale si designa l’albero ed il frutto; con tale nome pervenne in Inghilterra e così si diffuse.

Nel linguaggio dei fiori quello del cachi simboleggia l’eloquenza.

Un particolare significato è stato attribuito alla pianta di cachi recentemente: al bombardamento atomico di Nagasaki il 9 agosto 1945 è miracolosamente sopravvissuto una piccolo alberello di cachi. Nel 1994 uno fitopatologo giapponese è riuscito a far nascere da quell’alberello alcune piante di seconda generazione ed il Museo del bombardamento atomico ha cominciato a distribuirle ai bambini in visita come segno di pace, di speranza e di rinascita.

Nel 1995 durante la preparazione di una mostra a Nagasaki l’artista Miyajima Tatsuo venne a conoscenza dell’ albero di kaki sopravvissuto al bombardamento atomico e del fatto che il biologo Ebinuma Masayuki che se ne prendeva cura era riuscito a far crescere dai semi di quell’albero delle nuove piantine che Ebinuma donava ai bambini in visita a Nagasaki come simbolo di pace.  

Miyajima e Ebinuma hanno creato insieme un progetto per piantare in giro per il mondo nuove piantine di kaki ricavate da quell’unico esemplare sopravvissuto alla catastrofe.

Ecco il loro progetto: Revive Time Kaki Tree Project

Nel periodo invernale sulle bancarelle dei mercati giapponesi fanno la loro comparsa gli hoshi-gaki, i cachi secchi. Ne esistono di varie qualità, i più ricercati sono prodotti artigianalmente e addirittura “massaggiati” a mano prima di essere compressi tra tavolette di legno.

Il frutto del cachi ha profondi significati simbolici in Giappone, tanto è vero che è protagonista delle offerte religiose legate alla celebrazione del Capodanno: in ogni casa viene predisposto un piccolo altare su cui si impilano cibi rituali come tortini di riso, arance amare, alghe kombu e cachi secchi.

Haiku:

Te ni nosete

kaki no sugata

no horebore akaku.

Sul palmo della mano

rosseggia, rutilante nella sua pienezza,

un cachi.

Santōka

(1882-1940)

( L’ haiku (俳句) è un componimento poetico nato in Giappone composto da tre versi per complessive diciassette sillabe)

Fonti:

http://www.rossellamarangoni.it

http://tusciaintavola.tusciamedia.com

 

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* La buona notizia del venerdì: Il Nobel 2020 per quattro donne! E se ne parla solo nei rispettivi ambiti! E nemmeno tanto!

Secondo il Global Media Monitoring Project del 2015 la percentuale di donne a cui viene data visibilità sui media tradizionali di tutto il mondo è del 24% rispetto agli uomini.

Perchè i traguardi femminili vengono o poco citati o raccontati come eccezioni?

E sono quasi sempre accompagnati da luoghi comuni e stereotipi sul ruolo delle donne?

Eppure sono passati tanti anni anni da quando Charles Darwin in una lettera inviata all’attivista Caroline Kennard, il padre dell’evoluzione affermava che le donne “sebbene generalmente superiori agli uomini in qualità morali, sono intellettualmente inferiori”.

Andrea Ghez, la quarta donna Nobel per la fisica dal 1903 !

 

«Spero di poter essere una fonte di ispirazione per altre giovani in questo campo di ricerca», ha detto oggi Andrea Ghez alla notizia di essere fra i vincitori del Nobel per la fisica 2020

«Sono entusiasta», ha detto ancora e «prendo molto sul serio la responsabilità di essere la quarta donna a ricevere questo riconoscimento».

La ricercatrice, che con il collega tedesco Reinhard Genzel ha dimostrato l’esistenza del buco nero supermassiccio Sagittarius A* al centro della Via Lattea, spera che molte giovani possano avvicinarsi all’astronomia: «è un campo – ha osservato – capace di offrire moltissime soddisfazioni e se si ha una passione per la scienza c’è davvero moltissimo da fare».

Andrea Ghez sognava di diventare astronauta, affascinata dallo spazio dopo aver seguito i primi sbarchi sulla luna verso questa carriera, ed è per questo che ha intrapreso gli studi scientifici.

Sua madre ha sempre sostenuto questa sua ambizione. Ha iniziato al College studiando matematica, per poi passare alla Fisica. Si è laureata presso il Massachusettes Institute of Technology nel 1987 e ha conseguito il suo dottorato di ricerca sotto la direzione di Gerry Neugebauer presso il California Institute of Technology nel 1992. Nel 2004 è stata accolta tra i membri dell’accademia nazionale delle scienze. L’impegno nella carriera non le ha impedito di costruire una famiglia. Andrea Ghez, infatti, è sposata con il geologo Tom LaTourrette, ricercatore presso la RAND Corporation ed ha due figli.

E’ anche un’appassionata nuotatrice: considera questa disciplina la sua evasione dalla scienza.

Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna hanno vinto il premio Nobel per la chimica per lo “sviluppo di un metodo per la scrittura del genoma”, il sistema di editing CRISPR/Cas9.

Qui l’eccezionalità della notizia è doppia: sono due donne a vincere il Nobel e sono le uniche due donne a vincere da sole. In parole povere, non era mai successo che il Nobel venisse assegnato a solo due ricercatrici, c’era sempre un collega nella doppietta o tripletta.

Questo è un evento per la storia della scienza di massima importanza, pari all’assegnazione del premio a Marie Curie nel 1903. Perché con la vittoria di Charpentier e Doudna è un cambio di tendenza  che ostacola le donne da secoli.

Intervistate durante le rispettive conferenza stampa, Andrea Ghez e Emmanuelle Charpentier hanno riconosciuto il valore del premio non tanto da un punto di vista scientifico quanto per il ruolo d’ispiratrici che hanno nei confronti delle giovani ragazze che vogliono intraprendere una carriera scientifica. Siamo tutte e tutti consapevoli che le donne oggi fanno parte della scienza e che insieme a molti colleghi si stanno impegnando sempre più per ottenere il giusto riconoscimento del loro lavoro.

Premio Nobel per la letteratura 2020 alla poetessa  Louise Glück..

Di origine ungherese, nata a New York nel 1943, appartiene ad una tradizione americana che arriva fino a Sylvia Plath e alla cosiddetta ” poesia confessionale”

Autrice strutturata e forte, da tempo apprezzata in patria e all’estero, dal Premio Pulizer per la poesia (1993) al National Book Awaed (2014), alla nomina a poeta laureato degli Stati Uniti nel 2003.

È dunque una poetessa dura, tenace e poco conciliante Louise Glück.

Per avvicinarsi a questa poesia, si potrebbe cominciare proprio da L’iris selvatico, che uscita negli Stati Uniti nel 1992 costituisce la sua raccolta forse più apprezzata .e che più le fa meritare il titolo di erede di Emily Dickinson.

Si tratta di una sorta di sinfonia poetica che racconta di un periodo trascorso dalla scrittrice col figlio in una casa del Vermont, nel nord-est degli Stati Uniti, una casa corredata da un giardino.

Il periodo è tra la fine della primavera e la fine dell’estate: quello dunque del rigoglio della natura, degli alberi, delle erbe e dei fiori. E in molte di queste poesie sono proprio i giorni, alla lettera, a parlare di sé, a raccontare alla scrittrice e a noi le loro pene e le loro gioie, i loro sogni. E’ sempre e comunque il giardino il mondo creato il protagonista delle poesie. E questo mondo, che non è facile, va non solo amato ma curato, proprio come fa qui il poeta giardiniere della vita e delle parole, con la sua passione, la sua giustizia e appunto la sua cura.

Come accade nei versi che seguono :

«Nel giardino, nella pioviggine

la giovane coppia che pianta

un solco di piselli, come se

nessuno l’avesse mai fatto prima,

le grandi difficoltà non fossero mai state

affrontate e risolte».

L’assegnazione di questi Nobel 2020 fa sperare in un serio cambio di rotta da parte di un’istituzione importante come quella dei premi Nobel.

https://oggiscienza.it/2019/11/28/inferiori-scienza-penalizzato-donne/

https://www.corriere.it/cultura/louise-gluck-premio-nobel-letteratura/

Sebben che siamo donne

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* Uno stipendio per i nonni che si prendono cura dei nipoti ?( in Svezia!)

Giornata internazionale delle persona anziane

Il termine nonno deriva dal greco antico Nónnos. Il suo significato è venerabile, puro, santo.

Dopo i nostri genitori, i nonni sono le persone con cui stringiamo i legami più stretti. A volte, ci sentiamo più al sicuro tra le braccia dei nostri nonni che non tra quelle di nostra madre e nostro padre. I nonni rappresentano perciò una delle figure più importanti.

È questo il motivo per cui la Svezia ha deciso di incentivare e gratificare l’impegno che i nonni profondono nella cura e crescita dei nipoti. 

Non abbiamo bisogno di dare un’occhiata agli studi sociologici per capire che molte famiglie si affidano ai nonni. Questo sia da un punto di vista economico che da quello, molto più importante, della cura dei figli. I nonni sono spesso le figure più presenti nella vita di bambini e ragazzi.

E, di frequente, sono per i genitori una base sicura su cui appoggiarsi.

Gli svedesi lo sanno bene ed è per questo che il governo ha deciso di offrire un vero e proprio stipendio a queste venerabili figure. Lo stipendio corrisposto sarà pari a circa 700€ e servirà a coprire le spese necessarie alla cura dei nipoti.

L’iniziativa del governo svedese è nata per permettere alle mamme di tornare al lavoro full-time in un tempo più breve, accorciando il periodo di maternità supplementare.

Un’idea all’avanguardia che appare in netto contrasto con le politiche di altri stati europei, in cui non esistono veri incentivi sociali per le mamme che sono per questo spesso costrette a ricorrere alla maternità supplementare vedendo il proprio stipendio decurtato del 70%.

La Svezia, come spesso accade quando si tratta dell’attenzione verso le nuove generazioni, ha avuto un’intuizione alternativa e rivoluzionaria che speriamo possa essere seguita al più presto anche da altri paesi.

inoltre…

Chi non ricorda con piacere le figure dei nonni? I nostri parenti anziani spesso ci hanno offerto affetto, cure e insegnamenti che hanno avuto un valore altrettanto prezioso rispetto a quelli dei genitori.

Oggi, i nonni ricoprono ruoli sempre più importanti nell’educazione dei nipoti, aiutando padri e madri a compensare e coprire il tempo che non possono trascorrere con i figli.

Tuttavia, la figura del nonno non è importante solo per i bambini. Prendersi cura dei nipoti aiuta gli anziani a vivere più a lungo, rallentando il declino fisico e mentale. Vediamo perché e come è stato provato da diversi studi scientifici.

Le difficoltà legate alla vecchiaia sono innegabili. La salute diventa più fragile, così come la lucidità può non essere più la stessa di quando si era giovani. Trascorrere quantità regolari di tempo con i nipoti, però, può essere un ottimo modo per arginare i problemi legati all’anzianità. 

Lo studio condotto da David A. Coall, Denis Gerstorf, Ralph Herwig e Sonja Hilbrand, provenienti da atenei e istituti australiani, tedeschi e svizzeri, ha dimostrato in pieno che i nonni-babysitter riescono a mantenersi più giovani di quelli che non hanno nipoti.

I partecipanti alla ricerca sono stati intervistati ogni due anni nell’arco di circa 20 anni, fornendo varie informazioni ai ricercatori sulle loro attività con i nipoti. Al centro delle statistiche, ovviamente, sono stati posti i dati sulla mortalità dei nonni.

Confrontando la propensione a prendersi cura dei piccoli e i tassi di decesso, gli studiosi hanno dedotto che i nonni che prendevano parte frequentemente all’educazione dei nipoti hanno avuto un rischio di mortalità inferiore del 37% rispetto a quelli che non lo facevano, o che non avevano nipoti.

Le attività di aiuto, poi, sono state valutate anche al di fuori di quelle legate strettamente ai bambini. Un anziano può infatti dare una mano anche ai figli grandi: e questo è risultato essere un altro fattore che allontana i problemi legati alla vecchiaia. 

I motivi? Sono presto detti. Rendersi utili per gli altri, piccoli o grandi che siano, aiuta il cervello a ricevere più stimoli, riducendo il rischio di sviluppare problemi legati al declino cognitivo. Inoltre, specie per i nonni che fanno da baby-sitter, una passeggiata o un gioco con i piccoli rende i nonni più attivi, e ciò è senza dubbio un beneficio.

Rimanere a contatto con gli altri, poi, per un anziano significa non vivere sensazioni di solitudine o abbandono, nonché mantenere buoni livelli di motivazione quotidiana ed essere più inclini a pensare positivamente.

Mantenersi attivi, nei limiti dell’età e dei problemi legati a essa, è un imperativo che tutti dovrebbero porsi, indipendentemente dal fatto che siano nonni o meno. Come dimostrano le ricerche di cui abbiamo parlato, però, dare aiuto agli altri è un vero toccasana per mantenersi “giovani”, oltre che un modo per trasmettere alle generazioni future insegnamenti e saggezza.

https://www.curioctopus.it/read/22147/i-nonni-che-si-occupano-dei-nipoti-vivono-piu-a-lungo:-la-scienza-lo-conferma?fbclid=IwAR1A0owqCZvvf_-grZtRIRXTUwBdMv42n2ggDeu8r4Z-1N4Pee4bDIDR2AM