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Buon anniversario 2 giugno 2025: Il voto delle donne italiane per la Repubblica
IL 1° FEBBRAIO DEL 1945 VIENE RICONOSCIUTO, PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA, IL DIRITTO DI VOTO ALLE DONNE…
A 154 anni dalla “Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine” firmata da Olympe de Gouges che purtroppo le valse – nel 1793 – la ghigliottina, in Italia finalmente le donne si poterono recare alle urne.
Una prima volta che assunse una valenza ancor maggiore poiché avvenne in occasione del Referendum del 2 giugno 1946 in cui gli italiani furono chiamati a scegliere fra Monarchia e Repubblica.
Si trattava di un diritto riconosciuto tardivamente nel panorama occidentale; non solo, ma si trattava, in un certo senso, di un diritto “concesso”.
Le Donne italiane votarono effettivamente per la prima volta in occasione delle elezioni amministrative di marzo – aprile 1946 e del successivo Referendum Repubblica-Monarchia del 2 giugno.
La Costituzione garantiva l’uguaglianza formale fra i due sessi, ma di fatto restavano in vigore tutte le discriminazioni legali vigenti durante il periodo precedente, in particolare quelle contenute nel Codice di Famiglia e nel Codice Penale.
In effetti, in Italia, le donne potevano già votare – solo per le amministrative – sin dal 1924. Benito Mussolini sulla carta le aveva riconosciuto il diritto di voto al fine di dimostrare che non temeva l’elettorato femminile, anzi.
Ben diversa, invece, la situazione in altri Paesi: in Nuova Zelanda le donne potevano votare sin dal 1893, in Finlandia dal 1906 e in Norvegia dal 1907.
In Francia, tale decisione venne presa con qualche mese di anticipo, per l’esattezza il 21 aprile del 1944, e con essa anche la possibilità alle donne di essere elette.
Questa data rappresenta non solo la nascita della Repubblica, ma anche l’affermazione della parità di genere nel diritto di voto.
È un giorno per ricordare le conquiste del passato e riflettere sulle sfide ancora presenti.
Tornare al 2 giugno 1946 significa ricordare un momento cruciale nella storia italiana, un momento in cui le donne iniziarono a rivendicare il loro posto nella politica e nella società.
A partire dal quale si crearono le condizioni affinché le donne potessero poi dire “no” e contare davvero, come fecero nel 1974 a difesa del divorzio o nel 1981 in occasione del referendum abrogativo della legge 194.
La storia delle acquisizioni legislative che si dispiega per tappe lungo i decenni ’70-’80 formalmente trova lì la sua origine, la sfida rivolta al piano istituzionale, la volontà di andare più a fondo nei meccanismi sotterranei del potere.
Ma facendo un passo indietro, questo passo segnò il definitivo ingresso della donna come punto di riferimento nella società di allora? La risposta è no.
Il diritto di voto non garantì un diritto di cittadinanza consolidato.
Sul lavoro il cammino fu molto più arduo, attraverso un percorso di emancipazione che arrivò almeno fino al 1963, quando entrarono nella magistratura prendendo possesso di ogni tipo di carica.
Fino ad allora le donne si accontentarono di ruoli “scartati” dall’uomo. Accrebbe sicuramente il numero di insegnanti nelle scuole, a conferma della qualità e della necessità di una formazione al femminile per i propri figli.
Il diritto di voto resterà una pura formalità fino a quando le strutture politiche non saranno popolate da donne libere
Una donna può – anzi deve – essere ambiziosa, cosa diversa dall’esser competitiva.
L’ambizione significa dire “so che sarei capace di…” e uscire dalla corazza di timidezza che inibisce ogni passo avanti.
Non è sufficiente il diritto di voto per sbloccare le libertà sociali. La strada per le pari opportunità è una storia che ancora stiamo scrivendo in salita! e riguarda tutta l’umanità in ogni organizzazione sociale in tutto il mondo!
E non solo le donne, ogni essere umano, di qualsiasi razza, di qualsiasi colore, di qualsiasi sesso, di qualsiasi estrazione sociale, ha gli stessi diritti e gli stessi doveri in quella che chiamiamo pomposamente ” civiltà”
E’ un diritto che è sempre in pericolo e si deve difendere ad ogni età per scelta morale in ogni contesto per far valere la libertà di esistere in armonia e dignità!
Uffa l’8 marzo!
Mi piacciono le mimose.
Il loro colore giallo dorato e luminoso è l’annuncio della primavera
Non mi piacciono le celebrazioni che accontentano la coscienza di chi di coscienza ne ha poca.
Mi piacciono le mimose.
Il giallo dorato si accende al primo calore del sole di stagione.
Non mi piace che si divida l’umanità in categorie.
Mi piacciono le mimose.
Spontaneamente offrono il loro profumo inebriante.
Non mi piace che si creino delle categorie incasellate per sempre in un luogo senza sfumature.
Mi piacciono le mimose.
I fiori sono soffici, impalpabili eppure consistenti.
Non mi piace che si voglia ricordarmi chi sono e cosa faccio solo un giorno all’anno.
Mi piacciono le mimose.
Mi piacciono tutti i fiori e i loro colori, mi piace la natura che spontaneamente offre colori e profumi da sempre e per sempre.
Mi piace credere che l’umanità intera, pur con le sue diversità,
cammini insieme in armonia
per costruire il futuro.
Ieri, oggi e domani.
opera di Oscar-Claude Monet (1840-1926)
Leggi anche:” non solo mimose”
La buona notizia del venerdì: Ma questa non è buona per tutti…..dipende dai numeri!
Dopo il Louvre, anche il parigino Musée Carnavalet, museo dedicato alla storia della città, abbandonerà nelle didascalie delle opere esposte la numerazione romana per adottare la numerazione araba. La decisione sarebbe dovuta al fatto che sempre più visitatori hanno difficoltà a leggere i numeri romani, ma questo rischia di essere una rinuncia per coloro che difendono la cultura antica e classica.
Musée Carnavalet
Dunque dopo quattro anni di lavoro e un rinnovamento totale in tutti i suoi aspetti, il museo di storia ha deciso di modificare la numerazione in qualche didascalia.
Il Louvre, già da qualche anno, ha eliminato la numerazione romana per indicare i secoli, mentre li ha mantenuti per indicare i sovrani. Non è così tuttavia per il Musée Carnavalet, in cui nelle didascalie di ritratti, dipinti e sculture si leggerà d’ora in poi ad esempio Luigi 14 invece di Luigi XIV.
“Non siamo contro i numeri romani, ma possono essere un ostacolo per la comprensione da parte dei visitatori. Quante volte abbiamo visto i genitori leggere le didascalie pensate appositamente per i bambini?” ha commentato Noémie Giard, responsabile del servizio per il pubblico al museo.
Già perchè il turista medio globale non è in grado di intendere, né di volere ?
Non è dunque meglio stimolarlo a comprendere e imparare ciò che non gli è conosciuto e che comunque distingue un’ epoca e una cultura e tutti gli artisti che ne sono espressione?
Abolire la numerazione romana di una sala di museo o sotto un quadro è come ammettere che quella storia, quella cultura e persino l’arte che hanno generato non esistono più.
Il Figaro, raccontando la vicenda, è partito da una vecchia battuta del trio comico Les Inconnus, famosi quanto da noi Aldo Giovanni e Giacomo, che in uno sketch in berretto frigio gridavano “a morte Luigi croce-v-bastone”.
Notando, però, che ciò che faceva ridere trent’anni fa è oggi una banale realtà.
La scelta ha provocato polemiche da parte di molti studiosi dell’arte.

” Je suis le Roi Soleil Luis XIV….. No,no,no Luis 14! Parbleu,je ne sais pas!”
Tra questi, François Martin, presidente del Coordinamento degli insegnanti in lingue antiche (Cnarela), che ha commentato: “È la storia dell’uovo e della gallina. Meno i numeri romani sono usati, meno persone sono in grado di comprenderli. Ma è un peccato, perché alle elementari i bambini adorano imparare i numeri romani, per loro è come un gioco”.
Molte polemiche soprattutto italiane che hanno indotto ad un comunicato di rettificadi France Info: « Per i nomi dei re, l’uso dei numeri romani è stato mantenuto in tutti i testi del museo (pannelli, didascalie, cartelli per i bambini, schermi) ad eccezione dei dispositivi d’accessibilità universale (quindi quelli indirizzati a un’utenza portatrice di disabilità, ndr) che sono solo una parte del percorso.
Di circa tremila fra testi, cartelli e contenuti del nuovo percorso espositivo, sono centosettanta quelli che hanno adottato lo stile di accessibilità universale ».
Sono quindi poco più di un centinaio su tremila i numeri arabi che usurpano la numerazione romana.
Ma dire che la cultura è salva non mi sembra rassicurante.
Avvicinare la cultura ad una più facile comprensione sì,purchè non diventi un Bignami di scolastica memoria.
La cultura non è accumulare nozioni , la cultura è una personale passione di apprendere e collegare tutto ciò che non si conosce.
E poi avrebbero potuto aggiungere con una semplice barra il numero corrispondente a quello romano…o no? Per i turisti “ pigri”!!!
https://www.finestresullarte.info/musei/musee-carnavalet-via-numerazione-romana-didascalie
* Non solo Halloween! L’inizio di un nuovo ciclo!
Non solo Halloween!
Se si guarda solo all’apparenza si può perdere il vero significato di ogni cosa.
Dietro il business di questa ricorrenza, si celebra il capodanno celtico e l’incontro, solo per una notte, tra il mondo dello spirito e quello della materia.
Perchè da lì veniamo e lì ritorniamo ogni volta, ogni vita.
E’ la festa dell’inizio di un nuovo ciclo delle stagioni e, come si sa, i popoli antichi ne seguivano i mutamenti determinati dalla Grande Dea, Madre e Creatrice di tutto l’universo.
Terra e Cielo interagiscono e l’essere umano è una parte della manifestazione come i minerali, le piante gli animali, le stelle, i pianeti , i soli. Il nuovo anno porterà altri frutti, altri doni della Natura, del Cielo.
La Dea diventa strega per il cristianesimo che limita la magia della natura identificando la donna come materia terrena. Dio, lo spirito, è un entità maschile.
Buon Samhain, dunque, a tutti quelli che guardano oltre l’apparenza!
Love L
* La buona notizia del venerdì: La cultura è lo strumento per cambiare il mondo! La cultura rende l’essere umano libero di pensare con la propria testa!
L’istruzione è l’arma più potente che puoi usare per cambiare il mondo
( Nelson Mandela)
Gli esami nazionali per l’ammissione all’Università si sono svolti all’aperto, e anche nei campi sportivi a causa delle preoccupazioni per la pandemia che ha colpito duramente l’Afghanistan.
Non ci sono tavoli, non ci sono sedie, solo ampi spazi di terra, polvere e tante speranze.
Le norme attualmente in vigore rendono difficile lo svolgimento degli esami nel modo in cui vengono organizzati di solito.
Questo non ha fermato le studentesse afghane, che vogliono studiare e non vogliono perdere la possibilità di essere ammesse all’Università e di inseguire i loro sogni.
La pandemia non le ha fermate.
La povertà non le ha fermate, l’essere donna non le ha fermate.
La voglia di studiare, imparare e riscattarsi è stata più forte.
Una giovane mamma con il suo bambino in braccio è un’immagine bellissima, quella di un futuro che puó cambiare per tutte le donne e i loro figli.
Quest’anno si prevedono le iscrizioni per 210.000 studenti, che non si sono mai fermati di fronte alle difficoltà, spinti dalla determinazione di sostenere il loro esame di ammissioni.
Il web l’ha nominata la spiaggia degli esami e le fotografie scattate alle donne afghane sono diventate un vero e proprio simbolo di questa emergenza mondiale. Neanche la pandemia ha fermato queste ragazze di fronte ai loro scopi.
Neppure la povertà e il fatto di essere donne. Un’immagine davvero molto forte, simbolo di un riscatto incredibile.
Ovviamente anche gli uomini hanno sostenuto i diversi esami, ma vedere così tante donne , alla luce della situazione che c’è in questo Paese rende le immagini ancora più potenti.
Queste foto sono state scattate in #Afghanistan dove centinaia di donne stanno affrontando l’esame #kankoor per essere ammesse all’universitá in Daikundi.
Se dai il pesce ad un uomo, egli si ciberà una volta.
Ma se tu gli insegni a pescare, egli si nutrirà per tutta la vita.
(Kuang-Tsen)
Questo intendo per cultura.
La cultura non è un bagaglio infinito di nozioni.
La cultura non si misura, non si pesa, non luccica.
La cultura si insegna. La cultura è un atteggiamento.
E’ l’amore per la conoscenza, è la passione per scoprire oltre l’evidenza, è l’ esigenza di collegare piccole nozioni in un disegno mentale, è la gioia di vederci più chiaro, di indagare, di non dare nulla per scontato.
E’ un ‘avventura che inizia con piccoli pezzi a comporre un puzzle che comprende tutta l’umanità, la sua evoluzione,le sue conquiste, la sua espressione in ogni campo, i suoi valori, i suoi principi.
La cultura rende l’essere umano libero di pensare con la propria testa e di argomentare le sue scelte.
Tutti gli esseri umani hanno diritto all’istruzione!
L’istruzione è la chiave della libertà!
*Ma quali streghe ! Buon Samhain!
Fin dal medioevo alla festa di Halloween è associata la figura della strega.
Witch in inglese, wicca dal sassone, cioè saggia/saggio o sapiente corrispondente al latino saga, spesso rappresentata come una donna vecchia, brutta e quindi cattiva.
Ma nella mitologia celtica pre-cristiana non esistevano divinità completamente malevoli, così come non esisteva il concetto di Inferno.
Dei e Dee rappresentavano entrambi gli aspetti creativo e distruttivo dell’energia all’opera.
Le dee in particolare incorporavano le forze della Terra Sacra in quanto i Celti assorbirono il concetto di una potente Dea Madre o Dea della Terra dalle popolazioni indigene di cultura matriarcale abitanti le terre in cui emigrarono o dove fiorì la loro civiltà.
La Grande Dea poteva apparire e venire rappresentata in miti e leggende in tre forme principali: la Madre Oscura, la Sorella/Vergine e la Dea Natura/Amante. (Stewart, R.J. Celtic Gods, Celtic Goddesses, Blanford 1990)
Quindi la Grande Dea celtica nelle sembianze della Vecchia simbolizzava l’inverno celtico da Samhain a Oimelc o Imbolc (31 Gennaio/1 Febbraio, l’inizio della Primavera celtica).
A Imbolc ogni anno la Grande Vecchia si recava all’Isola della Giovinezza per bere alla sua fonte e trasformarsi nella Dea della Primavera, il cui tocco rendeva l’erba nuovamente verde e faceva sbocciare i fiori.
Tra i Celti l’elite intellettuale religiosa era composta sia da druidi quanto da druidesse dalle molteplici conoscenze; il dono della profezia era poi specificatamente femminile.
Si può quindi affermare che nelle comunità italiche dell’VIII secolo a.C. esistessero donne il cui prestigio non derivava solo dai legami con importanti membri maschili delle varie comunità, ma anche dallo svolgere ruoli rilevanti, alcuni dei quali legati alla sfera del sacro.
Il rango da sacerdotesse a quello di streghe sopravvenne con il passaggio alla religione cristiana.
Le sacerdotesse furono ridotte, nelle storie antiche, alla condizione di figure demoniache simile alle streghe, degradando la loro mitica bellezza, il loro ruolo sociale e religioso, le loro grandi virtù e poteri, svilendo i numerosi esempi di coraggio e nobiltà all’interno della società celtica.
Riporta l’Encyclopaedia Britannica che “ in Europa i poteri magici erano quasi esclusivamente nelle mani delle donne…” alle quali “…il popolo attribuiva una saggezza superiore…” e che furono proprio le donne, eredi della saggezza e del potere della Grande Dea, ad attirare l’odio della Chiesa, ad essere accusate di pratiche malefiche e a venire perseguitate come ‘streghe’.
La chiesa trasformò le divinità celtiche in santi e i vari aspetti della Grande Dea in diverse rappresentazioni della Madonna.
Una delle accuse più tipiche era quella di praticare rituali in onore di un dio con le corna, Cernunnos, il dio cornuto, signore degli animali, dio della Grande Caccia, colui che gestisce le forze attive della vita e della morte, della rigenerazione e della fertilità. La Chiesa lo condannò come ‘incarnazione del Diavolo’.
Secondo Geoff Doel: “Le streghe furono un’invenzione per tenere lontana la gente dagli dei celtici. Per i Celti c’era la magia, il magico piuttosto che il sinistro”.
Le donne accusate di stregoneria venivano bruciate, impiccate o annegate ad Halloween,proprio a sottolineare il messaggio diabolico delle feste pagane.
Nella cultura celtica, come in quella gaelica, la donna è stata sempre considerata figura importante e determinante nel sostegno e nella conduzione del clan e della comunità. A volte alla pari dell’uomo.
Le donne celte e le gaeliche erano addette alla cura dei malati, avevano conoscenze di medicina erboristica ed avevano perfino il potere della chirurgia.
In alcune culture nordiche la medicina era addirittura competenza esclusiva delle femmine del clan.
Colei che raccoglieva, seccava ed estraeva principi vitali dalle erbe era considerata creatura soprannaturale e degna del rispetto e spesso della venerazione del gruppo.
Il ruolo della wicca era quello di curare e guarire, e questo era considerato una facoltà divina.
Eventi divini venivano considerati anche i cicli della natura ed in una società ancora rurale era di vitale importanza prevederli e celebrarli con rituali propiziatori.
La donna sacra, la wicca diviene artefice di sopravvivenza per il gruppo.
Ella cura la preparazione dei riti propiziatori per avere la benevolenza della Dea Madre.
Ella ha la facoltà di interpretarne i segni per la divinazione.
Ella è una guida spirituale, la sua magia è indirizzare le vite degli altri.
La wicca non è, come la strix latina, a contatto con i demoni, ma è la figlia eletta della Dea.
Tutti questi riti pagani, passati nella cultura mediterranea dominata dalle fedi monoteiste, sono stati in seguito interpretati come eventi di stregoneria malefica e, ritenuti manifestazioni del “ diavolo”, condannati all’estinzione attraverso la purificazione con il Fuoco.
Molti dei riti celtici legati alla wicca sono arrivati fino a noi attraverso i secoli ed oggi la religione wicca si sta diffondendo tra le donne, soprattutto nei paesi di lingua inglese.
La donna celtica cammina in pace,
ma porta con sé, inosservate, le sue armi.
Si considera come una parte della ragnatela del creato
Ma anche una persona unica e degna di grande valore.
Ama e rispetta la famiglia, gli amici, la comunità
Ma trova ispirazione nella solitudine.
Sa comandare, ma sa anche quando lasciarlo fare agli altri.
Lavora per imparare, per insegnare, per condividere
e mantenere i segreti, per cambiare restando uguale a se stessa,
per essere umana e divina.
Il pianeta ha bisogno di donne celtiche, che portino dentro di sé
un inesauribile calderone pieno di forza interiore
un utero da cui possa nascere un mondo nuovo e migliore.
(Edain McCoy, Celtic Women Sprirituality)
Buon Samhain!
Fonti:
“La danza a spirale” di Starhawk – Macroedizioni
“La quinta cosa sacra” della stessa autrice
per approfondire:
“ La Dea bianca “ di Robert Graves – Adelphi
“ When God was a Woman” di Merlin Stone – Mariner Books
leggi anche: anche io sono una maga
* Leggere fa bene: Giornata Internazionale del Libro 2019
I benefici di leggere un libro
“ un libro è come un giardino che si porta in tasca” ( Proverbio cinese)
tiene in esercizio il cervello
fornisce conoscenza e e informazione
aumenta la capacità di scrivere
riduce lo stress e ti mette in uno stato positivo
è un buon motivo di conversazione
arricchisce la concentrazione e l’attenzione
è un modo di passare il tempo liberamente
sviluppa la creatività
arricchisce il lessico ed il vocabolario personale
propone problemi e stimola la miglior risoluzione più veloce
aumenta la capacità di empatia con gli altri
introduce nel mondo sconosciuto della fantasia
i libri sono una finestra sul mondo
Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria.
Chi legge avrà vissuto 5000 anni:
c’era quandoCaino uccise Abele,
quando Renzo sposò Lucia,
quando Leopardi ammirava l’infinito…
perché la lettura è un’immortalità all’indietro.
Umberto Eco
fonte: Dal Web
* La buona notizia del venerdì: In Colombia un netturbino con la passione per la lettura ha salvato 20mila libri
Si chiama José Alberto Gutiérrez e dal 1997 ha deciso raccogliere tutti i volumi che trovava tra i rifiuti durante i suoi turni di lavoro. Con i libri raccolti ha dato vita a una vera e propria biblioteca che gli abitanti del suo quartiere, specialmente i bambini, possono frequentare gratuitamente
Il signor Gutiérrez, ancora oggi guida il camion della nettezza urbana ma nel frattempo, dal 1997 ad oggi, ha salvato circa 20mila volumi molti dei quali sono oggi stipati nella sua piccola casa a San Cristóbal, nella zona meridionale dei Bogotà.
Un’abitazione che è diventato un santuario dei libri che la gente butta e che nel tempo si è trasformata in una biblioteca – che non ha davvero nulla da invidiare a quelle ufficiali – per la comunità del quartiere.
Un servizio che il signor Gutiérrez ha voluto dedicare soprattutto ai più piccoli, che nel fine settimana possono trovare ospitalità a casa sua per leggere o per prendere i libri in prestito. Tutto rigorosamente in forma gratuita.
Tutto è cominciato la prima notte di lavoro, quando facendo il turno nel barrio Bolivia, un quartiere abbiente nella parte nord di Bogotà, in Colombia, si è imbattuto in un libro Anna Karenina di Lev Tolstoj. Il capolavoro si trovava tra i rifiuti ma José Alberto Gutiérrez, di mestiere netturbino, non se l’è sentita di lasciarlo al suo triste destino, così ha deciso di portarlo a casa. Da quel primo ritrovamento sono passati venti anni e quello che sembrava essere un gesto casuale, spinto dall’istinto, con il tempo è diventata una vera e propria missione.
Quello che potrebbe sembrare semplicemente un hobby, per il signor Gutiérrez è una missione. Nei suoi lunghi anni di militanze sulle strade come netturbino ha scoperto che nei quartieri benestanti della città è purtroppo malcostume diffuso quello di gettare via i libri.
E non c’è una predisposizione particolare, tra i rifiuti finiscono i romanzi, come i saggi, le favole come i gialli.
Per questo la biblioteca del signor Gutiérrez è variegata e può assicurare ai suoi fruitori qualsiasi genere.
Oggi, questo netturbino amante dei libri viene soprannominato “el Señor de los Libros” e spiega che questa sua predisposizione per la lettura “è il miglior regalo che i miei genitori mi abbiano potuto fare” perché “sono stati la mia salvezza”.



























