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13 novembre: la Giornata Mondiale della Gentilezza richiama i valori dell’umanità

 

Il 13 novembre in tutto il mondo si celebra la Giornata Mondiale della Gentilezza, nata da una conferenza del 1997 a Tokyo e introdotta in Italia dal 2000.

 

Una professoressa educa alla gentilezza i suoi alunni: “Sii gentile, sempre”

La docente che insegna ed educa i suoi ragazzi ad essere gentili verso il prossimo.

L’iniziativa comprende lezioni, show e tante emozioni.

Insegnare ai bambini ad essere gentili verso il prossimo è importante. Una persona gentile ha dei sentimenti importanti come l’onestà, l’altruismo, la generosità e l’empatia verso il prossimo. Uno studio condotto da alcuni ricercatori dell’Università della California, ha dimostrato come la vita dei bambini, dei pre-adolescenti, che compiono azioni gentili verso il prossimo, può cambiare in meglio.

Con dei semplici gesti gentili si può sia migliorare la vita di chi li fa e sia di chi li riceve. Per questo è importante incoraggiare le attività legate alla pro-socialità per avere effetti a catena ed aumentare la felicità e la popolarità di chi fa azioni gentili.

Quello che ha fatto una professoressa nel trevigiano con i suoi studenti è in linea con lo studio americano. La docente crede che, accanto al compito istituzionale, la scuola deve educare gli studenti ai sentimenti.

La professoressa che educa alla gentilezza ed ai sentimenti: “Ragazzine in gruppo che non si preoccupano se una loro compagna di classe rimane sola”

La professoressa Mara Pillon, 54 anni ed insegnate di italiano alla scuola media Marco Polo di Silea ha deciso di insegnare la gentilezza ai suoi alunni.

Osservando i suoi studenti si è accorta della loro indifferenza verso i compagni più “deboli”: “Li osservo da anni a ricreazione. Ragazzine in gruppo che non si preoccupano se una loro compagna di classe rimane sola. Ragazzi senza merenda costretti a rubarla ad altri con prepotenza, perché a nessuno viene in mente di condividere”.

Ha deciso così di insegnare la gentilezza a 19 alunni di età compresa tra gli 11 ed i 12 anni. Vuole insegnare, ai suoi alunni, a guardarsi intorno, osservare le persone ed a cercare di capirle.

É partito tutto da una frase del teologo Ian Maclaren e riportata nel libro di R.J. Palacio “Wonder”:

“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre”.

Per un mese le sei ore di lezione alla settimana di italiano sono state utilizzate solo per imparare la gentilezza, come riportato da Il Napolista. Dopo varie riflessioni ed attività legate alla gentilezza, gli alunni hanno invitato gli studenti di prima e seconda media dell’istituto, in aula magna, per condividere le loro esperienze.

Hanno iniziato a leggere loro degli articoli nei quali si spiega come una persona non nasce gentile ma lo può diventare. Si è passati ad analizzare il testo letterario di Dante “Tanto gentile e tanto onesta pare“, per sottolineare come la gentilezza non rende belle le persone fuori ma belle dentro e quindi nobili d’animo.

Inoltre hanno sottolineato come la gentilezza sia una forma di rispetto verso se stessi e verso l’ambiente che ci circonda: “per pulire il nostro pianeta bisogna essere puliti dentro. La coerenza tra il dentro e il fuori è essenziale e si riflette nel nostro comportamento“, come riportato dal sito dell’Istituto.

Successivamente è stata raccontata un’attività che si è volta in classe. Gli alunni hanno annotato sul diario scolastico per una settimana le gentilezze ricevute e nella settimana seguente quelle donate agli altri.

Alla fine si sono accorti che le gentilezze ricevute sono state tante ma spesso non vengono riconosciute o le diamo per scontate.

Inoltre hanno usato un lenzuolo bianco dove al centro hanno scritto: “GENTILEZZA MAGIA CONTAGIOSA“. Nel restante spazio sono stati attaccati dei fili di lana colorata, ai quali sono state pinzate moltissime frasi significative riportate su alcuni cartoncini colorati.

Infine è stato raccontato in breve la trama del libro Wonder e sono state create delle scenette teatrali. Si sono ripresi i momenti di vita scolastica nella ricreazione come la condivisione della merenda, l’inclusione, l’aiuto e, appunto, la gentilezza.L’attività è stata presentata anche ai genitori che hanno gradito molto l’iniziativa.

La professoressa Pillon ha dichiarato: “Adesso questi 19 studenti sono i messaggeri della gentilezza. Sono chiamati a mettere in pratica ciò che hanno studiato, saranno loro all’interno dell’istituto a consigliare gli altri di fare altrettanto. Spero che il progetto sia esteso anche ad altre classi”.

la gentilezza un valore che va trasmesso a scuola”

Cortesia, altruismo, solidarietà tra compagni di classe. Sono i valori che vogliamo trasmettere a #scuola. I nostri ragazzi devono infatti sentirsi parte integrante di una grande famiglia, di una comunità.

È quello che accade all’Istituto ‘Marco Polo’ di Silea, in provincia di Treviso, dove la docente di italiano Mara Pillon ha introdotto Condiviuna “nuova materia”: la #gentilezza. Con la sua bellezza e la sua semplicità ci ricorda quanto sia fondamentale, ogni giorno, il ruolo della scuola nella vita dei nostri ragazzi”.

 

«La gentilezza ci consente di allentare le continue difficoltà della vita, le nostre e quelle degli altri, di essere aperti agli stati d’animo e alla sensibilità degli altri, di interpretare le richieste di aiuto che giungano non tanto dalle parole quanto dagli sguardi e dai volti degli altri: familiari, o sconosciuti. La gentilezza è un fare e un rifare leggera la vita, ferita continuamente dalla indifferenza e dalla noncuranza, dall’egoismo e dalla idolatria del successo, e salvata dalla gentilezza nella quale confluiscono, in fondo, timidezza e fragilità, tenerezza e generosità, mitezza e compassione, altruismo e sacrificio, carità e speranza. La gentilezza è come un ponte che mette in relazione, in misteriosa e talora mistica relazione, queste diverse disposizioni dell’anima: queste diverse forme di vita: queste diverse emozioni. Ma la gentilezza è un ponte anche perché ci fa uscire dai confini del nostro io, della nostra soggettività, e ci fa partecipare della interiorità, della soggettività, degli altri; creando invisibili alleanze, invisibili comunità di destino, che allentano la morsa della solitudine, e della disperazione, aprendo i cuori ad una diversa speranza, e così ad una diversa forma di vita».

Eugenio Borgna, La dignità ferita

https://www.giuntiscuola.it/psicologiaescuola/news/13-novembre-la-giornata-mondiale-della-gentilezza/

https://www.universomamma.it/professoressa-educa-gentilezza-alunni/

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Le lanterne di San Martino illuminano la strada che porta a ritrovare la luce interiore

Fruttificare io sento la mia forza
corroborarsi e conferirmi al mondo;
sento l’essere mio che si sustanzia,
per volgersi alla luce
entro la trama del destino umano.”

Rudolf Steiner, Calendario dell’anima, 10 – 16 Novembre.

La celebrazione delle feste nel corso dell’anno nella scuola Steiner-Waldorf ha un significato molto profondo: la festa ci ricorda che non esiste solo un mondo materiale fatto di quotidianità venali, di cose materiali e di individualità. Celebrare insieme le feste significa, non solo per i bambini, ricollegare la dimensione terrestre dell’uomo a un ritmo cosmico naturale, a un’immagine più ampia e soprasensibile del mondo, immagine sempre più lontana e dimenticata, esperienza sempre più difficile da fare al giorno d’oggi.

Le feste, così come le fiabe, ci aiutano a rientrare in questo mondo di cui comunque sappiamo, magari inconsciamente, di far parte. Infatti, anche da adulti frenetici e materialisti, quando ci capita di entrare nel clima della festa riconosciamo subito un’atmosfera “già nota”, che riemerge da ricordi d’infanzia o da chissà dove. Per questo è importante far sì che i bambini, fin dagli anni dell’asilo, possano vivere intensamente questi momenti: li ritroveranno da adulti, portandoli sempre con sé e trasformandoli in forze di crescita e di relazione sociale.

In questo periodo dell’anno le giornate si accorciano, l’oscurità avanza minacciosa, le foglie cadono e un senso di morte e di freddo pervade l’anima. L’anima non ha più in sé quella solarità estiva che le proveniva dalla natura. Deve dunque trovare una luce nuova, una luce che nasca da dentro. San Martino è tradizionalmente la festa di questa luce interiore, come spiega bene Claudia Gasparini in questo articolo.

Nella tradizione contadina l’11 novembre finiva l’anno agricolo, data della svinatura e inizio del periodo invernale, quando la terra accoglie nel suo grembo quei semi che daranno nuova vita nella primavera futura. Nel nord Italia in questo periodo si stipulavano i contratti d’affitto tra il proprietario del podere e il mezzadro. Se il proprietario rinnovava il contratto allora i contadini potevano festeggiare con i prodotti tipici di questo periodo dell’anno, diversamente erano costretti a traslocare, solitamente nei giorni più miti detti appunto “estate di San Martino”. Da qui nasce il modo di dire “fare San Martino”, divenuto poi d’uso consueto anche in città.

Ne troviamo traccia in altri detti popolari che ancora resistono: “Oca, castagne e vino, tieni tutto per San Martino”, “A San Martino uccidi il maiale e bevi vino”, “A San Martino ogni mosto diventa vino”, “Chi no magna oca a San Martino no’l fa el beco de un quatrino”.

In asilo e nelle prime classi della scuola ci si prepara a questa festa qualche giorno prima, raccontando la storia di Martino, impastando e cuocendo il pane (con uvetta e mandorle) e costruendo lanterne, con materiali diversi a seconda dell’età.

L’11 novembre, verso sera, la classe si ritrova in un parco, in un bosco o in un sentiero di campagna comunque poco illuminato e, insieme ai maestri e ai genitori, si compie una breve processione.

Lungo il cammino si intonano canti dedicati a San Martino, alla luce fioca e calda delle lanterne. È solitamente buffo e nello stesso tempo tenero accorgersi come talvolta i bambini più spavaldi e temerari in classe una volta nel buio si trasformino in pecorelle timorose, magari presi per mano e incoraggiati da chi, più timido, in aula non esprime il meglio delle sue capacità di relazione

Se dunque San Michele celebrava il coraggio individuale, San Martino esalta la luce interiore della carità e dell’empatia verso gli altri, rappresentando questi valori attraverso esempi e immagini potenti, immagini generatrici di forze che lavoreranno silenziosamente dentro i bambini negli anni a venire, plasmando il loro senso morale, portando salute non solo a se stessi ma anche alla comunità in cui vivranno.

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lanterne di San Martino fai da te

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Perchè siam donne: Mi vesto come voglio!

Da due anni #Olimstad e #HellandHansen, due fortissime giocatrici di Beach Volley norvegesi si rifiutano di giocare in bikini, presentandosi in shorts e top, come consentito dal regolamento, perché si sentono a loro agio e per “ridurre la pressione della scelta dell’abbigliamento sulle atlete più giovani”.

Qualche giorno fa, in Cina, a Haikou, l’arbitro, forse non informato sul regolamento, impone a Helland-Hansen e Olimstad di adeguarsi all’abbigliamento con top e bikini.

Le atlete rifiutano, e invitano il direttore di gara a consultare il regolamento. Che dá loro ragione.

Hanno vinto due volte: non solo sul campo, battendo le tedesche, ma per tutte noi. Che vogliamo poter scegliere.

Il beach volley (anche chiamato comunemente pallavolo da spiaggia) è uno sport di squadra giocato sulla sabbia, olimpico dal 1996.E’stato inventato nel 1895 dall’americano William G.Morgan

Per il beach femminile l’età della pietra comincia 30 anni fa, quando il presidente della Federvolley Mondiale, un uomo, Rubén Acosta, per aumentare la popolarità del volley decide di “aumentare” i cm di pelle esposta dalle atlete.

Diversa la regola per gli atleti di sesso maschile che possono giocare in canottiera e pantaloncini fino a 10 centimetri sopra il ginocchio.

Le donne sono tenute a indossare top e slip bikini «con una vestibilità aderente e tagliare con un angolo verso l’alto verso la parte superiore della gamba» e una larghezza laterale massima di 10 centimetri, secondo i regolamenti della Federazione internazionale di pallamano.

Dal 2006 la Norvegia ha dato vita ad una vera e propria campagna affinché i pantaloncini siano considerati ufficialmente accettabili nella pallamano da spiaggia e ha presentato una mozione per modificare le regole in un congresso straordinario dell’IHF (Federazione internazionale di Pallamano)

Negli sport da spiaggia quella del bikini sembra essere un vera lotta storica contro le regole di genere.

La Federazione Internazionale di Pallavolo ha aggiornato le proprie regole sulle divise solo nel 2012.

Nelle Olimpiadi di Tokyo 2020 le giocatrici di beach volley hanno già potuto scegliere di giocare in pantaloncini e magliette.

Le regole si possono cambiare. E difendere quando si vogliono mettere in discussione.

#labodifsegnala#beachvolley#bikini#regole

https://it.wikipedia.org/wiki/Beach_volley

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La buona notizia del venerdì: Knitting mania per uomini duri!


10371912_274682622655982_4184817974094499619_nLANA, FERRI E TESTOSTERONE!!!!
La maglia? Roba da uomini!
Ricamo, uncinetto, punto croce. E’ la nuova tendenza che va di moda tra i giovani. Maschi soprattutto. Giovani, adulti, architetti,medici, operai: mani che prima digitavano sulla tastiera di un computer o dirigevano macchinari complessi ora compongono schemi per il punto croce, creano berretti di lana all’uncinetto, ricamano trapunte.

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ATTORI CHE SFERRUZZANO
Ma a maglia hanno lavorato anche degli insospettabili, come uno dei fratelli Lumière, amante dell’uncinetto, o l’attore Anthony Quinn, che realizzava per sé dei meravigliosi maglioni Aran (maglioni di lana grezza che erano usati in passato dai pescatori delle isole Aran).
Ryan Gosling adora sferruzzare a maglia, come ha rivelato lui stesso durante l’ultima intervista rilasciata al giornale GQAustraliaNulla però in confronto all’immagine del fascinoso Russel Crowe alle prese con i ferri e i gomitoli, che usa per curare la sua proverbiale irascibilità.( anche se pare fosse solo per pubblicità)

E senza andar tanto lontano anche Morgan, tenebroso cantante dei Bluvertigo, si diletti con l’uncinetto e i lavori a maglia “Quando ho tempo mi siedo su una poltrona e lavoro all’uncinetto o ai ferri, come una vecchia signora” dice in un’intervista ”Ma le dico che è tipico delle menti matematiche questa inclinazione allo sferruzzamento: lo faceva anche un genio come Leonardo da Vinci”.Ma anche Kurt Gobain, Tim Daly il famoso ’Fuggitivo’ Ernie Hudson…..

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CHIRURGHI AFFERMATI DI TUTTO IL MONDO sferuzzano per tenere in esercizio le mani, ex istruttori di sci come Thomas Jaenish e Felix Rohlan, che da una sfida, per scherzo, a colpi di uncinetto, sono finiti dritti nel mondo della moda. Famosi giocatori di footbool come Steve Malcom usano il lavoro a maglia come tecnica di rilassamento.Il suo slogan infatti è: It takes balls to knit!

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LAVORARE A MAGLIA E’ IL NUOVO YOGA
Nelle scuole inglesi ci sono corsi di maglia per maschietti e femminucce per aumentarne l’attenzione, la capacità manuale e per farli rilassare.


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Creare con la maglia si può!http://mochimochiland.com/shop/
Fonte:https://www.facebook.com/pages/MCM-di-Marco-Cocorocchio-CoSnc/263363223787922

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La buona notizia del venerdì: Ospedali Dipinti è un sogno realizzato

Quando ero bambino avevo un sogno. Oggi quel sogno lo dipingo per i piccoli pazienti

Da oltre 30anni la professionalità, il talento , la creatività, hanno fatto di SILVIO IRILLI, uno degli Artisti più apprezzati e stimati nel panorama internazionale dell’Arte contemporanea.

Il sogno inizia nel novembre del 1991: è il primo artista ad avere una sua opera a colori su tutta la prima pagina del quotidiano sportivo Tuttosport!

Negli anni ’90 è stato il disegnatore ufficiale della trasmissione televisiva “Solletico” su Rai Uno.

Fino al 2000 i suoi dipinti hanno illustrato copertine di giornali sportivi e dello spettacolo come Tuttosport, Guerin Sportivo, Sorrisi e Canzoni e altri ancora.

Nel 2007 e 2008 dipinge i Murales al GEORGIA AQUARIUM di Atlanta, l’acquario più grande del Mondo negli USA e riceve articoli su giornali americani e uno speciale al telegiornale della NBC, nota televisione americana. Più di 3 Milioni di visitatori ogni anno vedono la sua opera di 300 mq, dipinta sul soffitto d’ ingresso del GEORGIA AQUARIUM.

Nel 2012 crea il progetto Ospedali Dipinti, che sta regalando colore e sorrisi nei reparti degli Ospedali italiani.

Nel 2018 riceve i complimenti per l’iniziativa dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Nel 2020 la stampa internazionale racconta a tutto il Mondo il messaggio di Ospedali Dipinti con cui l’artista vuole dare un messaggio di accoglienza, con articoli e servizi televisivi.

Nel 2023 crea l’iniziativa “Una Squadra per il Sorriso” per coinvolgere le società sportive e atleti a sostenere il progetto Ospedali Dipinti con raccolte fondi in partite o tornei, per decorare le pediatrie. La prima squadra ad aderire e il Reale Fenera Chieri ’76, la squadra di volley femminile in serie A1. Quale squadra sarà la prossima?

Amo trasformare i reparti ospedalieri in ambienti emozionali: perchè il Paziente non è solo un Paziente, è soprattutto una Persona! “.

Tutte le opere sono realizzate dall’Artista che si occupa in prima persona di realizzare, impaginare e allestire insieme al suo staff i reparti in Ospedale. I dipinti e le impaginazioni vengono realizzati in studio per poi essere stampati su prodotti certificati per gli ospedali. Un doppio lavoro, come se l’opera fosse dipinta 2 volte, ma questo consente in poche ore di trasformare un reparto senza disturbare l’operatività ai medici, infermieri e accogliere i pazienti per le terapie.

Ecco perchè quando si entra in una sala creata dall’ artista SILVIO IRILLI, si ha la sensazione di entrare in un grande affresco che regala serenità agli adulti e continua a far sognare i bambini.

Gli “Ospedali Dipinti” sono in tutta Italia!

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La buona notizia del venerdì: Assolto Mimmo Lucano e Riace

Con Mimmo Lucano è assolto il Sud

La sentenza d’appello condanna gli accusatori dell’ex sindaco. Lui dice: “La Calabria offre due modelli all’Italia: la mia Riace e la loro Cutro”

Con Mimmo Lucano hanno assolto Ignazio Silone e Carlo Levi. E sarebbe stato più giusto se l’avessero completamente liberato, anche dalle piccole accuse. Ma già così, sostituendo l’enormità dei 13 anni e due mesi con l’esiguità di un anno e 6 mesi, questa condanna – non è un paradosso – assolve l’imputato e condanna i suoi accusatori, gli sceriffi di Sherwood, i giustizieri della Calabria Saudita. ( continua su Repubblica)

Il 2 0tt0bre 2018 avevo, entusiasta, dedicato la mia buona notizia del venerdì al “modello Riace

Eccola

La buona notizia del venerdì: I profughi salvano Riace dal declino

Mezza Europa chiude le porte agli immigrati, ma in Italia, un paesino di pescatori offre asilo ai profughi garantendosi così la sopravvivenza.

Domenico Lucano, ma nessuno lo chiama così, è il sindaco di Riace, paesino di pescatori della costa calabra. Tre chiese per appena 1500 abitanti, per strada un paio di dozzine di polli e qualche cane un po’ acciaccato.

Lucano ha proclamato patria dei profughi il suo paese natale, mentre mezza Europa tenta di arginare isolare i migranti clandestini imponendo confini sempre più invalicabili.

“Nel nostro paese” dice Lucano “accogliamo i rifugiati a braccia aperte”. Oggi a Riace vivono più di 500 migranti, negli ultimi anni quasi un residente su tre  è un immigrato. Nessuno possedeva un permesso di soggiorno o un documento di lavoro valido. Sono giovani uomini dalla Tunisia, dal Senegal ed Eritrea, donne e bambini dalla Siria e Algeria, fuggiti dai paesi di origine a causa della guerra e della povertà.

I rifugiati contribuiscono a ricostruire il paese
“A Riace la solidarietà non è a senso unico”, dice il sindaco Lucano. “Cerchiamo di offrire ai profughi un’altra casa qui, e in cambio essi ci aiutano a tenere in vita questa casa”. I profughi, che altrove sono respinti perché clandestini, a Riace trovano lavoro, s’integrano nel paese e aiutano anche a ricostruire un luogo che 14 anni fa era quasi estinto.

Il paese è collocato in una delle regioni italiane meno sviluppate. Per decenni la gente è scappata da qui, dei 3000 abitanti di una volta, a Riace oggi ne sono rimasti solo 800. Le ultime pizzerie e gelaterie del paese avevano chiuso i battenti. “La nostra amata patria” dice Lucano “era come un malato terminale che attende la sua ultima ora“.

Poi è successo ciò che ancor oggi gli abitanti di Riace considerano un miracolo: la notte del primo luglio del 1998 un’imbarcazione con a bordo 218 curdi approdò sulla nostra costa. Erano in fuga diretti verso la Grecia, ma avevano perso la rotta. Mezzi morti di fame ed esausti per il freddo e la stanchezza, la maggior parte di loro aveva già perso ogni speranza. Lucano si diede da fare affinché i profughi venissero accolti e ospitati dalla gente del posto.

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Con il passare degli anni sono arrivati sempre più rifugiati, e lui si è accorto che avevano ridato vita alla sua città. Lucano ha chiesto un mutuo a favore del Comune, per poter ricostruire le case diroccate del paese e dare un salario ai migranti. Ha chiesto inoltre alla regione Calabria un’autorizzazione speciale per accogliere senza troppi cavilli burocratici i migranti.

Secondo i dati della Croce Rossa Italiana la sistemazione di profughi nei campi di accoglienza in Calabria costa circa 55 euro al giorno pro capite. Riace invece necessita per ogni migrante solo della metà del denaro. “Perché i neoarrivati si ambientano rapidamente” dice Lucano.

La sua ultima invenzione è l’euro di Riace, con cui i migranti, che a volte per ottenere denaro da parte del governo, debbono attendere anche fino a sette mesi, sono in grado di fare acquisti nei negozi del posto con una moneta locale, in modo da procurarsi l’essenziale per sopravvivere . Una volta arrivati i pagamenti pubblici, i negozianti possono convertire le monete locali  con i contanti. I profughi inoltre hanno contribuito in questi ultimi anni al boom economico di Riace. Officine, panifici e parrucchieri hanno ripreso le loro attività. Le arti tradizionali della tessitura e della ceramica hanno ripreso vita e nel frattempo è stata riaperta persino una scuola, dove  i bambini che arrivano qui, assieme ai propri genitori, apprendono le prime nozioni di italiano.

“Gli adolescenti hanno bisogno di più tempo, per adattarsi qui”, dice la maestra Emilia, di 51 anni. Molti sono cresciuti in un paese dominato dalla guerra civile e dalle persecuzioni, e conoscono solo la vita della fuga.

Inizialmente gli abitanti temevano di venire spodestati dal proprio paese.
Anche i residenti hanno avuto bisogno di tempo per abituarsi ai molti volti nuovi nel proprio paese. In particolare erano quelli più anziani ad essere scettici.

Oggi i vecchi Riacesi stanno a guardare i ragazzini africani che giocano a pallone sulla piazza del paese. Dalle panetterie che sprigionano profumo di pane fresco proviene musica araba e nei negozi di artigianato, dove vengono prodotti decorazioni e vasellame, lavorano nativi e stranieri, fianco a fianco.

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Tutta questa armonia è una spina nel fianco solo per la ‘ndrangheta. La mafia calabrese, che ha saputo sfruttare per decenni la povertà di Riace, ha tentato fino ad oggi di sabotare la ricostruzione del paese. Poco dopo la rielezione di Lucano a sindaco, nel 2009, i mafiosi gli avvelenarono il cane e crivellarono con una dozzina di colpi le pareti della Trattoria Donna Rosa, dove Lucano era a cena con degli amici. Un paio di giorni dopo però, il sindaco fece affiggere un cartellone su cui si legge ancora oggi a caratteri cubitali: “Riace – città dell’ospitalità”.

Due anni fa, per il suo impegno civile, Lucano è stato premiato con il World Mayor Award [lI premio del miglior Sindaco del mondo ndt]. A Riace lo hanno persino proposto per il premio Nobel per la pace, ma il sindaco replica: “ciò che conta di più è che la vicenda degli abitanti di Riace sia  un modello per tutti ”.

I paesi vicini di Stignano e Caulonia hanno già seguito l’esempio di Riace e ora stanno accogliendo anche loro i rifugiati.

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E nel frattempo il nome Riace arriva anche a Hollywood: il regista Wim Wenders era venuto in Calabria per girare un documentario sul problema dei rifugiati. Ma dopo aver sentito del paese dei rifugiati, ha deciso di raccontare la storia di Riace con una pellicola dal titolo “Il Volo”.

“La vera utopia” ha dichiarato Wenders lo stesso anno, in occasione dei festeggiamenti per l’anniversario della riunificazione delle due Germanie, “Non è stata la caduta del muro di Berlino, ma la convivenza serena della gente di Riace. In questo paesino senza nessuna attrattiva, tra brulle pareti rocciose e il mormorio del mare ho scorto un mondo migliore.

http://www.ilfattoquotidiano.it/

Oggi possiamo incominciare a credere in un mondo migliore!

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Perchè siam donne: Enheduanna, la prima donna scrittrice

Si chiamava Enheduanna, ed era una signora di gran carattere e gran potere. Prima di Omero e di tutti i poeti a noi noti fu infatti lei a scrivere e firmare i primi inni agli dei, e anche a partecipare alla lotta politica per il potere.

Prima poetessa e scrittrice attestata nella storia dell’umanità (XXIV secolo a.C.) è nota sia da fonti successive che contemporanee. La sua più celebre opera è scritta in lingua sumerica e ha come titolo (come “incipit”) Nin-me-šar2-ra (Signora di tutti i “Me”,) opera più comunemente nota con il moderno titolo L’esaltazione di Inanna.

Enheduanna era figlia di Sargon di Akkad, suo padre la nominò gran sacerdotessa della dea Innanna per poter meglio controllare la città di Ur.

In seguito sarà nominata somma sacerdotessa del dio An per la città di Uruk.

La principessa divenne molto popolare quando iniziò a comporre inni per gli dèi di cui era sacerdotessa. Sembrerebbe inoltre che sia stata la prima a instaurare un rapporto personale con gli dèi che serviva, mediante dei dialoghi diretti, come riportati nelle sue opere.

Del Nin-me-šar2-ra,che si compone di 153 righe, conserviamo oltre cinquanta diverse testimonianze, frammenti di tavolette in cuneiforme.

Nell’opera viene narrato, in termini a volte oscuri, un drammatico evento della vita di la sua fuga dalla città di Ur ove ricopriva il ruolo di sacerdotessa del dio poliade della città, Nanna (accadico: Sîn; il dio Luna) e il suo esilio nella steppa. L’opera prende quindi la forma di invocazione, affinché gli dèi liberino dall’esilio la sacerdotessa, alludendo a un certo Lugalanne, probabile rivoltoso sumero contro il potere del padre di Enḫeduanna. L’inno si conclude con l’invocazione alla dea Inanna (sumerico; accadico: Iŝtar; dea figlia del dio Nanna) e infine con il ritorno vittorioso della dea, e della sua grande sacerdotessa, nel santuario di Ur.

Tale opera ebbe un profondo riconoscimento nella stessa letteratura religiosa sumerica, considerata in quell’ambito come uno dei dieci componimenti religiosi più notevoli, l’unico di cui peraltro conosciamo l’autore.

E’ stata fatta una traslitterazione del cuneiforme sumerico con traduzione del componimento,

Quando dicono che le donne in letteratura hanno sempre avuto un ruolo marginale, o che al massimo possono occuparsi di letteratura rosa, perché gli altri generi è meglio lasciarli ai maschi, ricordate loro che la letteratura è cominciata con una donna.

Che per giunta era molto meglio non fare arrabbiare, perché a sconfiggere i suoi nemici e vendicarsi ci metteva un attimo!

Fonte:

https://it.wikipedia.org/wiki/En%E1%B8%ABeduanna

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Perchè siam donne: Se basta un premio Nobel per la pace a Narges Mohammadi

Narges Mohammadi, giornalista e attivista per i diritti delle donne in Iran, è stata recentemente insignita del Premio Nobel per la Pace per il suo coraggioso impegno nella lotta contro l’oppressione delle donne e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti.

Narges Mohammadi, è attualmente detenuta nel noto carcere di Evin, dove sta scontando una pena di 31 anni

Narges Mohammadi, con i suoi 51 anni, è diventata un simbolo di resistenza in Iran.

Laureata in Fisica, fin dagli anni dell’università è stata impegnata nei movimenti clandestini per i diritti delle donne.

Nel 2003, anno in cui Shirin Ebadi vinse il Nobel, è entrata nel Defenders of Human Rights Center e ne è divenuta presto presidente. 

Nel 2011, Narges è stata arrestata per la prima volta per i suoi sforzi volti ad assistere gli attivisti incarcerati e le loro famiglie.

Due anni dopo l’arresto, è uscita su cauzione ed è ritornata immediatamente sul campo, lanciando una campagna contro la pena di morte.

L’Iran, infatti, è da anni uno dei Paesi con il numero più alto di esecuzioni al mondo, secondo solamente alla Cina. 

Anche dalla prigione, Narges è riuscita ad organizzare proteste e a essere una guida per i detenuti, ha scritto saggi, organizzato seminari per le donne detenute sui loro diritti e continuato la sua lotta contro la pena di morte

È stata imprigionata e condannata ripetutamente negli ultimi 25 anni per le sue campagne contro l’obbligo del velo e la pena di morte.

Ma la sua determinazione non si è mai spezzata. Il suo soprannome, la ‘leonessa dell’Iran’, è stato coniato dalle donne del suo paese che ammirano la sua indomabilità.

La sua ultima dimostrazione di coraggio risale al 16 settembre, quando insieme ad altre detenute ha bruciato un velo nel cortile della prigione di Evin a Teheran. Questo gesto di protesta è stato un atto di sfida aperta all’obbligo di coprire i suoi lunghi capelli neri con il velo, una legge che considera ingiusta e oppressiva.

Nel mese scorso, Narges ha scritto una lettera alla France Presse dichiarando che il movimento ‘Donna, Vita, Libertà’ ha accelerato il processo di democrazia in Iran e che ora è irreversibile.

Queste parole sono un segno del suo impegno costante per la lotta per i diritti umani e la libertà nel suo paese natale.

La sua storia di detenzione inizia nel 1998, quando è stata arrestata per la prima volta per aver criticato il governo. Da allora è stata incarcerata molte altre volte, con periodi di detenzione e arresti che si sono susseguiti nel corso degli anni. Ha subito condanne e pene sempre più pesanti, ma il suo spirito non è mai stato domato.

Amnesty International ha denunciato che Narges Mohammadi è stata privata delle cure mediche, nonostante soffra di una malattia polmonare. Ma il suo impegno per la causa dei diritti umani non è mai vacillato.

Il Comitato norvegese per il Nobel a Oslo ha riconosciuto il suo coraggio e la sua dedizione, nonostante il regime l’ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte a un totale di 31 anni di prigione.

Narges Mohammadi, nonostante le sue sfide e il prezzo personale che ha pagato per la sua lotta, continua a essere una voce incrollabile per la pace e i diritti umani in Iran.

Anche dietro le sbarre, rimane determinata a non arrendersi finché non saranno raggiunti gli obiettivi di pace e libertà per il suo paese.

A Narges Mohammadi il Nobel per la Pace: è la leonessa dell’Iran in cella per aver difeso i diritti umani – Fortune Italia

Se basta un Premio Nobel per la Pace a Narges Mohammadi, e per tutte le donne ,e non solo ?

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Anche William was two…cercando l’equilibrio… Leggendo il Sonetto 144 di William Shakespeare…

ANCHE SHAKESPEARE WAS TWO…
Leggendo il Sonetto 144 di William Shakespeare…

Two loves I have of comfort and despair,
Which like two spirits do suggest me still:
The better angel is a man right fair,
The worser spirit a woman coloured ill.
To win me soon to hell, my female evil,
Tempteth my better angel from my side,
And would corrupt my saint to be a devil,
Wooing his purity with her foul pride.
And whether that my angel be turned fiend,
Suspect I may, yet not directly tell;
But being both from me, both to each friend,
I guess one angel in another’s hell:
Yet this shall I ne’er know, but live in doubt,
Till my bad angel fire my good one out.

Traduzione:
Due amori io posseggo, conforto e perdizione,
che simili a due spiriti sempre mi perseguono:
l’angelo migliore è uomo superbamente bello,
lo spirito malvagio è donna di colore oscuro.
Per portarmi a dannazione, la mia funesta femmina,
tenta l’angelo migliore a staccarsi dal mio fianco
e pervertir vorrebbe quel santo mio in demonio,
insidiando la sua purezza col suo vizioso fascino.
E che l’angel mio si sia in demonio convertito
Posso solo sospettarlo senza esserne sicuro;
ma entrambi da me lontani, e l’un l’altro amici,
nell’inferno dell’altra l’angelo mio suppongo.
Io non potrò mai saperlo, ma vivrò nel dubbio,
finché l’angelo cattivo non avrà scacciato il buono.

Viviamo in un mondo che separa,classifica, giudica.
Viviamo la vita nel dubbio, e con la certezza di dover scegliere o questo o quello.
Bello o brutto, buono o cattivo, bianco o nero, sopra o sotto, giusto o sbagliato, prima o dopo, caldo o freddo, ruvido o liscio…
Perfino Amleto si ripeteva “ Essere o non essere… “

Viviamo in un continuo dialogo interno: una parte di noi vorrebbe scegliere il bianco, l’altra il nero, ed è un conflitto permanente.
Ci arrovelliamo tendendo ora da una parte ora dall’altra.
Quando siamo da una parte quella si impone con mille scelte attraenti, ci attira con immagini luminose di noi nel futuro, ci sbandiera che tutto è possibile…
Quando siamo dall’altra quella si impone con altrettante scelte scoraggianti, ci convince con immagini grigie del futuro, ci sbandiera tutte le nostre incertezze, le nostre incapacità, “ ma chi? Io? No! No! Non sarà mai possibile!”
E quando cominciamo a dirci: Sì! Questo è giusto! …No! No! Questo è sbagliatissimo!
Giusto…sbagliato…. per chi? chi lo dice? la mamma, il nonno, la maestra, la società…
E io? c’entrerò qualcosa …posso dire la mia…o no?
Ho o non ho una coscienza, una percezione di me come essere umano che sta vivendo una esperienza che si chiama Vita.
E se provassi a considerare gli opposti come parti di un tutto che funziona solo quando sono in armonia? Se provassi a dirmi e…e…invece di o…o…?
Ed a considerare ogni esperienza una risorsa per il futuro?

Nel  simbolo del Tao, La Via, la forza yin si oppone alla forza yang: a volte prevale la prima, a volte prevale la seconda.
La Via è attiva quando le due forze sono perfettamente bilanciate e l’una si fonde nell’altra e viceversa secondo la necessità.
Ma non ci sarebbe evoluzione sulla Via se non ci fosse una ricerca di equilibrio attraverso la tensione di entrambe.

A volte basta leggere un sonetto di un notissimo autore per riflettere…
A volte apri un vecchio testo proprio ad una certa pagina…
A volte alcune parole sembrano scritte per te…

Sarà per caso?
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Equinozio d’Autunno 2023



Tutto uguale tutto diverso ‼️

eppure l alternanza della luce e del buio ogni volta porta impulsi a creare nuovi percorsi in ogni vita !!

nel Buio nascono i propositi che la Luce realizzerà 🌈così procede l’evoluzione da sempre e per sempre🌀

Buon Equinozio d’Autunno🍁

Buon Mabon *

Love Laurin

( foto di Laurin)